Recensione: Best Of Praying Mantis

Di Mauro Gelsomini - 16 Settembre 2004 - 0:00
Best Of Praying Mantis
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Anno: 2004
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80

Fondati dai fratelli Tino e Chris Troy nel 1977, i Praying Mantis entrarono nell’olimpo della NWOBHM grazie alla compilation di culto “Metal For Muthas”, la stessa che nel 1979 lanciava gli Iron Maiden, per i quali i nostri aprirono nel primo tour inglese.
Attivissima dal punto di vista discografico, la Mantide si ferma solo nel 2003, per mettere insieme questa raccolta di successi atta ad incorniciare una carriera ultraventennale.
La proposta musicale dei Mantis si discostò fin dall’inizio dal classico NWOBHM sound, in virtù di una componente melodica decisamente più importante, e a partire dal come back del 1990 lo stile della band si catapultò sempre più verso sonorità pompose e cromate fino a sfociare inevitabilmente nell’AOR.

Le presentazioni vengono affidate ad un brano live, “Cheated”, originariamente apparso sul debut “Time Tells No Lies” (ancora oggi considerato una pietra miliare del fenomeno NWOBHM, sebbene non abbia incontrato grande successo commerciale) e tratto dal “Live At Last” del 1990 nella terra del Sol Levante, quando la band si riformava dopo quasi un decennio di inattività e senza dare un seguito al bistrattato album d’esordio, aggiungendo alla lineup due volti noti, gli ex-Iron Maiden Paul Di’Anno e Dennis Stratton. Proprio questi innesti, in aggiunta alla breve parentesi di Clive Burr nel 1985, calarono sulla band la croce di “ritrovo degli scarti” dei Maiden.
Ma come avrete modo di ascoltare, l’hard rock patinato dei Mantis è distante dalla proposta dei più fortunati conterranei, e proprio questa raccolta sta a testimoniarlo, grazie a una serie di arena-song anthemiche, corali, strappaconsensi, per le quali vedrei come ultima delle influenze quella della Vergine di Ferro.
I brani provengono in gran parte dalle composizioni del 1993, tratte dal singolo Only The Children Cry e dall’album A Cry For The New World: “Letting Go”, “Journeyman” – la più Maideniana del lotto, e, quasi a farlo apposta,  i Maiden nel loro ultimo Dance Of Death hanno incluso una song omonima dal chiaro flavour AOR.
Ancora dal 1993 il fantastico e magniloquente singolo “Only The Children Cry”, l’idilliaca “A Cry For The New World”, “Turn The Tables”, e la bonus-track finale “A Moment In Life”.
Da To The Power Of Ten, del 1995, è estrapolata la sola “Don’t Be Afraid Of The Dark”, con un Gary Barden (ex MSG) a rifare il verso a Bob Catley, davvero evocativa; da Forever In Time, del 1998, giungono la titletrack e “Best Years Of My Life”, qui abbreviata al titolo di “Best Years”, mentre ancora la titletrack viene estratta da “Nowehere To Hide”, del 2000.
C’è spazio anche per un brano dall’ultima fatica da studio, Journey Goes On, dello scorso anno, ma stavolta la band registra ex novo “Naked”, nella versione originale cantata a due voci da John Sloman e Dougie White, e qui proposta col solo ex-Rainbow dietro il microfono.

Considerati per molto, troppo tempo, una specie di ripiego per ex Maiden, una band di falliti, una band di gregari senza speranze, i Praying Mantis vogliono con questa raccolta dimostrare quanto si sia distanziato il loro sound dai colleghi “pigliatutto”, e io non posso che omaggiare la loro onorevole carriera con un plauso ad una perizia tecnica e un gusto compositivo (e sapete bene quanto sia difficile nell’hard rock melodico) eccezionali.

Tracklist:

  1. Cheated (live)
  2. Can’t See The Angels
  3. A Cry For The New World
  4. Letting Go
  5. Journeyman
  6. Only The Children Cry
  7. Turn The Tables
  8. Don’t Be Afraid Of The Dark
  9. Best Years
  10. Forever In Time
  11. Nowhere To Hide
  12. Naked (re-recorded)
  13. A Moment In Life (bonus)

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