Recensione: Bestia Immundis
‘Bestia Immundis’ è il nuovo album dei tedeschi Assassin, disponibile via Massacre Records dal 7 febbraio 2020.
La novità sostanziale è l’uscita del veterano Michael Hoffman, col combo nel primissimo periodo, dal 1983 al 1984, poi rientrato nel 1987 dopo l’uscita del debut – album ‘The Upcoming Terror’.
Al suo posto è entrato un altro personaggio che di Thrash se ne intende: Frank Blackfire, chitarrista nei Sodom dal 1985 al 1989, rientrato nel 2018 e nei Kreator dal 1989 al 1996, nonché fautore di un progetto personale e collaboratore con altre band.
Degli Assassin originali, a questo punto, è rimasto solo ‘Scholli’, che porta avanti il monicker con la giusta coerenza, sfoderando un sound carico di rabbia e violenza e scuro come il fondo di un calderone infernale.
Diretto e senza fronzoli, ‘Bestia Immundis’ riprende il discorso del precedente ‘Combat Cathedral’, del 2016, senza cambi di direzione, allacciandosi essenzialmente alla storia iniziale del combo, quella che arriva al 1989, anno in cui si dovettero sciogliere a causa del furto della loro strumentazione.
Per cui troviamo tanti riff abrasivi, una ritmica potente, una batteria devastante ed un buon ‘wall of sound’ che accompagnano una voce, quella di Ingo Bajonczak, profonda ed aggressiva. Tutti i toni giusti per parlare dell’argomento principe dell’album: la grande bestia, la bestia impura della profezia del Libro dell’Apocalisse paragonata a quello che possono diventare le persone in generale (… ’più bestia di qualsiasi altra’ – Johann Wolfgang von Goethe).
Il problema è la varietà di ‘Bestia Immundis’, che è molto poca. L’esser troppo diretti ha infatti portato ad un songwriting un po’ tutto uguale, con il risultato di un prodotto più mediocre che esaltante.
Gli episodi validi comunque ci sono, come l’iniziale ‘The Swamp Thing’, dinamica ed intensa, con un gran tiro soprattutto nella sezione d’interludio, un assolo nevrotico che stende e buoni cori infernali.
Anche la seguente ‘How Much Can I take’ dice la sua, smodata e tagliente, con un refrain pestato e psicotico ed un tempo cadenzato che ottenebra i sensi verso il finale.
Altro pezzo forte è la prepotente ‘Not Like You’, che unisce la velocità dei Motorhead (tra l’altro la voce di Ingo riporta alla mente in più di un’occasione quella del buon Lemmy) con la potenza dei cori degli Accept, ed anche ‘The Killing Light’ si distingue, con la sua chitarra classica malinconica introduttiva, le linee di chitarra aggressive, il refrain dall’andatura coinvolgente e la sezione centrale apocalittica.
Per il resto, da ‘No More Lies’ a ‘Hell’s Work Done’, da ‘Shark Attack’ a ‘Chemtrails (Part II)’ il feeling non è tantissimo proprio perché le andature e le tessiture sono un po’ tanto uniformi. Non si raggiunge lo stato di piattezza, perché ogni brano, se preso singolarmente, ha il suo momento d’interesse, ma poco ci manca.
Ci sono esperienza, tecnica, grinta e pancia in ‘Bestia Immundis’, ed è per questo che raggiunge la sufficienza, ma da artisti del genere ci si può aspettare ben di più e solo quattro brani che spiccano in un lavoro che ne contiene undici sono effettivamente pochi.
Peccato … Sarà per la prossima volta.