Recensione: Beyond North Star

Di Daniele D'Adamo - 23 Giugno 2023 - 0:00
Beyond North Star
Band: Henget
Etichetta: Season Of Mist
Genere: Avantgarde 
Anno: 2023
Nazione:
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79

Quando si tratta di avantgarde metal, l’immaginazione corre verso orizzonti sconosciuti del metal stesso, in cui vibrano band dalle idee rivoluzionarie e dalla tecnica sopraffina. Il che è in parte vero, se ci si basa sulla locuzione latina nomen omen. Ma anche no, poiché il genere esige una buona dose di talento compositivo per non disperdere nel nulla tutti i dettami suggeriti dal genere medesimo.

Nel caso di cui trattasi, si può partire dalla traduzione del nome del combo finlandese, Henget, che può avere due significati: vita e spiriti. Messi assieme, possono indicare un viaggio spirituale nei meandri dell’occulto. “Beyond North Star”, debut-album del quartetto, è in un certo senso anche un concept, con le song slegate fra di loro ma tutte assieme passeggere sullo stesso mezzo di trasporto.

Avantgarde metal può avere infinite diramazioni, a seconda della tipologia metallica fondante. E, si sa, il metal è palestra dei più disparati generi e sottogeneri. Meglio allora stringere il cerchio e dare a Cesare quel che è di Cesare: “Beyond North Star” è un’opera di avantgarde black metal. Che nasce dagli stilemi embrionali del nero metallo per diramarsi nell’angolo diedro che definisce una porzione di spazio tridimensionale invece che di piano bidimensionale. Il che dovrebbe rendere chiaro il concetto che i Nostri si muovono come se fossero dentro una sfera, ramificando le loro propaggini musicali un po’ dappertutto. Senza esagerare, però.

A tal proposito, almeno a parere dello scriba, rappresenta un rilevante punto di forza il non abbandonare mai del tutto il black metal. Con ciò, restando uniti e compatti pur esplorando una miriade di possibilità musicali. L’uso massiccio delle tastiere non deve ingannare: il disco è, in primis, brutale, violento, a tratti devastante. Semmai, esse forniscono alla struttura di base una ricchezza di particolari pressoché non numerabili ma, soprattutto, l’elemento di coesione di cui si è più su accennato.

L’LP si presenta inoltre compatto, benché sia parecchio complesso nell’elaborazione di partenza. Difficile, cioè, trovare dei passaggi ripetitivi, che iterino qualcosa venuto bene e che sia facile riproporre a iosa. Tuttavia, malgrado questo universo senza limiti esplorato in lungo e in largo dall’act scandinavo, i vari brani sono dotati di una precisa personalità, distinguendosi con decisione l’uno dall’altro.

È evidente che la menzionata complessità rende arduo l’ascolto e l’assimilazione delle tracce, per cui necessitano parecchi, insistiti passaggi a volo radente sul lavoro, al fine di arrivare a comprendere il modus operandi di una composizione davvero sopra le righe, dotata di una rara maestria nel combinare nel miglior modo possibile la miriade di note che riempie l’etere sino alla cima.

Seppure regni la dissonanza, a poco a poco le canzoni assumono un fascino arcano, misterioso. Occulto, appunto. All’inizio, infatti, il muro rappresentato dalla disarmonia appare invalicabile per via di una difficoltà si direbbe naturale, a fare proprie, le elucubrazioni musicali che paiono appartenere a un altro Cosmo. Elucubrazioni aliene, quasi, derivanti dalle menti di altri esseri che non siano umani. Superato questo arduo ostacolo, “Beyond North Star” esplode in tutta la sua magnifica estraneità al mondo delle cose comuni, diventando pasto delle menti capaci di comprendere un’arte musicale sostanzialmente impossibile da ascoltare per chi ama le costruzioni più lineari e tranquillizzanti.

Non si tratta a tutti costi di definire un’élite di ascoltatori, ma di rimarcare, anche e soprattutto, che chi devia dalla tradizionale forma-canzone tipica del rock può essere tremendamente affascinante. Ipnotico. Lisergico. E, non ultimo, trasognante. Fattispecie, questa, che riguarda proprio gli Henget e il loro formidabile “Beyond North Star”.

Da non perdere.

Daniele “dani66” D’Adamo

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