Recensione: Beyond The Border
I Branch Arterial, latteralmente “ramo arterioso” sono una band progressive metal australiana giunta al debutto nel 2017 sotto l’egida della vivace label conterranea Collision Course Records.
Il recente debutto non deve tuttavia trarre in inganno in merito all’etá media dei componenti della band e alla sua tutt’altro che semplice vicenda. Dopo la pubblicazione di un EP (“Voices Unknown”, 2011) e di un singolo (“Faces”, 2012), a cavallo tra il 2012 e il 2013, il bassista della band, Kade Turner si trovò suo malgrado coinvolto in un terribile incidente motociclistico che quasi gli costò la vita e poco più tardi il vocalist Nigel Jackson fu costretto a subire un intervento di trapianto del midollo osseo.
Queste due drammatiche situazioni hanno portato il gruppo vicino allo scioglimento ma hanno – per fortuna – avuto esiti positivi sicché, una volta terminato il recupero di entrambi i musicisti, i Branch Arterial poterono tornare in pista e ultimare il tanto sospirato debut album.
E che debut album! “Beyond The Border” è a tutti gli effetti un concentrato di progressive metal egualmente debitore tanto di mostri sacri del genere come Dream Theater e Rush quanto di realtà più recenti ma altrettanto apprezzabili quali TesseracT, The Mars Volta, The Safety Fire e Good Tiger e forse, proprio in virtú della ricercatezza delle trame e della voce morbida, cristallina e ammaliante di Jackson, sono i Good Tiger il termine di paragone maggiormente azzeccato.
Le dieci canzoni che compongono “Beyond The Border”, al pari di quanto proposto dalla Tigre Buona un paio d’anni or sono, appaiono fresche e ispirate, ricercate ma non cervellotiche e illuminate da spettacolari refrain melodici nonché da un guitar work di altissima classe, in grado di farsi valere sia in fase ritmica sia in fase di assolo.
Il top assoluto viene forse raggiunto con le splendide melodie dell’ispiratissima “Where I Belong” e con la piu spezzettata “Circus” (e il suo favoloso guitar solo verso la tre quarti) ma brani come l’iniziale “Waste Away”, dal gusto più marcatamente djenty o la Dream Theater-iana “My Curse”non sono in ogni caso da meno.
La tracklist di “Beyond The Border” non è peraltro di quelle elefantiache, sicché negli oltre quaranta minuti di musica proposta, anche laddove il discorso rimanga sui binari tracciati dal quartetto di testa non v’è posto per significativi cali di tensione e i Branch Arterial trovano modo di calare una serie di assi in grado di conquistare definitivamente il cuore e la mente dell’ascoltatore.
Da “Take Me” alla conclusiva “Where Are You Now” passando per l’intensa “Dreamer” e la più robusta “Alone Together” senza trascurare l’intermezzo sintetico costituito dalla title-track è davvero un bel sentire, con forse la sola “New Way Home” ad allentare leggermente la presa, senza comunque inficiare in alcun modo il risultato complessivo.
La sorte pare non aver arriso ai Branch Arterial per un certo periodo della loro carriera ma la costanza e il talento premiano e dopo tanto lavoro e tante peripezie è giunto il momento di raccogliere i frutti di una semina iniziata nel 2011: i progster – di nuova e vecchia generazione – sono avvisati.
Stefano Burini