Recensione: Beyond the Dark
Ormai ne sono convinto.
Credo che ormai la nuova ondata di gruppi Melodic Death Metal e Metalcore che nell’ultimo periodo alimenta la scena musicale nostro Stivale sia un qualcosa di davvero sorprendente: perché giorno dopo giorno scopro realtà sempre nuove ed interessanti (non solo tramite la mia esperienza qui su TrueMetal ma anche nell’interesse privato), in grado di proporre soluzioni davvero avvincenti e per certi versi anche fresche ed innovative, frutto di un’innata convinzione che, davvero, credo sia stata tipica di ondate musicali ormai lontane e che tutti noi oggi bramiamo (tipo il fervore dell’underground di fine anni ’80 e primi anni ‘90).
Insomma, per quanto il sottoscritto non sia affatto un fan scatenato del Metalcore o un certo ‘Melodeath Hardcorizzato’, sa comunque riconoscere quando c’è la passione e quando spinti da ciò, appunto, si creano lavori sorprendenti: si spinge al limite la voglia di fare, di sbattersi, di poter fare ogni giorno sempre di più e questa è una caratteristica che va sempre rispettata ed onorata come merita.
Tra questa nutrita frangia di band vi sono anche i Beyond The Dark, ensemble di Roma che ama definirsi Melodic Death Metal più che Metalcore puro e duro e la prova all’ascolto dell’EP ha dato loro ragione: tanto per cominciare, la prima cosa che mi ha notato è la semplicità ed allo stesso tempo l’efficacia dell’artwork del disco (ad opera di Art of Anuvia): uno sfondo a metà tra un’arcana incisione su pietra ed un cumulo di rami, un qualcosa di indefinibile ma che si adatta sublimemente a quello che poi sarà il contenuto armonico della loro prima, importante opera.
Un’opera che si basa su fondamenta oscure, fatte di disperazione umana, di fragilità esistenziali: un qualcosa che si percepisce sin dalle prime battute di “Judas’ Evangelion”, dove gli accenti di metal svedese emergono immediatamente come ben più che semplici accenti, in quanto si tratta di vere e proprie fondamenta su cui costruire il loro sound granitico: i riff sono puramente melodeath, le clean vocals sono inserite con gusto nei momenti giusti e le idee pullulano secondo dopo secondo.
La cosa che più mi ha colpito al momento dell’impatto iniziale è sicuramente la produzione (il disco è stato interamente concepito negli Overload Recording Studio) che è decisamente di alto livello, nonostante una batteria che suona forse un po’ troppo triggerata tanto che sulle prime ho pensato di avere a che fare con una drummachine (….mi perdoni il batterista!), ma che nonostante ciò il risultato complessivo risulta di livello estremamente buono, nel pieno rispetto degli standard del genere: la competitività internazionale da questo punto di vista è garantita.
Dopo la produzione, colpisce il songwriting, decisamente ben strutturato e degno di una band ben più che agli esordi: i Nostri alternano momenti di estrema tensione a momenti sempre tesi, ma dal mood più oscuro e riflessivo.
Ne è un ottimo esempio “Echoes in their MInd”, seconda traccia in scaletta e per me vero e proprio highlight del disco, con il suo inizio drammatico e furioso che dopo una strofa in pieno stile At The Gates (ma con personalità, e qui casca l’asino….) esplode in un chorus rallentato dove le clean vocals non sono un mero scopiazzamento inserito tanto per far genere (alias ‘etichettarsi’) quanto un vero e proprio elemento aggiunto in grado di fare la differenza, con un mood in pieno stile My Dying Bride.
Un brano davvero eccezionale che passa il turno alla auto-celebrativa “Beyond the Dark” che parte in pieno stile Necrophobic e che nel ritornello piazza un clean chorus di gran classe che brama l’essenza della vita, mentre sulle stesse coordinate di eccellenza viaggiano anche le successive “Scissorhands” e “The Empty Land”: partono entrambe in modo simile ma che suonano come due vorticosi elogi al malessere interiore e all’analisi di se stessi, con un songwriting sempre ben strutturato e mai noioso ed una produzione che mantiene sempre una certa classe anche al cospetto dell’assalto sonoro più sfrontato.
Il brano finale merita una nota a se stante, in quanto trattasi di un brano semi-acustico, incentrato sulla solitudine che si avverte all’interno di una società così fredda e vuota, standardizzata e senza sogni reali: per quanto apprezzabilissimo nel tema (che personalmente sento molto vicino) e nelle atmosfere sulfuree e soffuse che si adattano perfettamente a quest’ultimo, vi è un problema che mi ha impedito di fruire appieno di quest’ultimo passo finale e parliamo….ok che mi vergogno persino ad enunciarlo, ma si tratta dell‘inglese in alcuni punti, quindi più che un difetto va preso come un appunto ed ho evidenziato ciò proprio per permettere alla band di limare un qualcosa che, in caso contrario, giocherà non poco a loro sfavore nell’ambito della competitività internazionale da me citata in precedenza.
Le potenzialità sono infinite e spiacerebbe vedere un band venire ignorata per simili piccolezze (ma che forse viste da un’altra ottica piccolezze non sono), i Beyond The Dark non hanno nulla da invidiare a nessuno: possono e devono farcela, ed aldilà di tutto l’acquisto di questo EP è caldamente consigliato sia agli amanti del Death Melodico di stampo svedese che del Metalcore più puro….e forse anche a qualche defender più incallito, chissà che non possa rimanerne piacevolmente sorpreso.
Se limeranno questa piccolezza (….o forse sarò io troppo pignolo?), probabilmente in futuro il nostro Paese avrà un altro nome solido su cui puntare: le basi sono comunque estremamente solide, quindi nonostante tutto i Nostri ne escono decisamente promossi.
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