Recensione: Beyond The Scars
A cinque anni dal tristissimo evento della scomparsa di Claudio Leo (fondatore della band, insieme con Raffaele Zagaria – entrambi erano ex Lacuna Coil), tornano i lombardi Cayne, che hanno appena pubblicato il loro secondo full-length, dal titolo “Beyond The Scars”.
Una nuova alba, questa, per i Cayne, i quali si presentano con una rinnovata line-up che vede, assieme al cantante Giordano Adornato, Diego Minach alle chitarre, Andrea Bacchio al basso, Giovanni Lanfranchi alle tastiere ed al violino, e Giovanni Tani alle batteria.
Una rinascita, quella dei Cayne, che si esprime nei suoni melodici ed umbratili di un hard rock fortemente connotato da atmosfere gothic, ma anche da aperture ariose degne di certo metal melodico contemporaneo. Non mancano, poi, a tratti, rimandi anche a sfumature più antiche e quasi AOR, e, persino, qualche spruzzata di “quasi-prog” (come in Blessed By The Night, un veloce rock contemporaneo con i suoni di tastiera e chitarre in bella evidenza e sviluppato proprio in una chiave vicina al progressive).
Assolutamente caratterizzante, nel sound complessivo del lavoro, e tratto distintivo rispetto alla corrente produzione affine, il ruolo proprio dei tasti d’avorio e del violino di Giovanni Lanfranchi, che ben si legano al timbro caldo del vocalist e si contrappongono ai riff rocciosi dell’ascia.
Brillano particolarmente, in tale ambito sonoro, tracce come No Answers From The Sky (dall’apertura solenne disegnata dalle tastiere e dagli arpeggi della sei-corde, e dai riff metal che poi aprono alla voce ardente di Adornato che, con il liquido assolo di chitarra e il suono del violino, sciolgono la canzone in un mood altamente melodico) e Bad Blood (uptempo sempre melodico, dominato da epiche tastiere e contornato da muri di riff chitarristici), e, ancora, Free At Last (qui i muri di chitarre prevalgano intorno ad aperture liriche ancora una volta di violino e tastiere).
Molti gli spunti intrisi, appunto, di lirismo, melodia e malinconia, e tra questi ci piace citare lo slow One More Chance, l’ariosa semiballad Celebration Of The Wicked (entrambe ingioiellate dal violino), e la coinvolgente ballata elettrica The Asylum Of Broken.
Non mancano, però, momenti più decisamente (modern) metal, come Torn Apart (grintoso e teso tra sferzante heavy), My True Nature (dinamico e nervoso uptempo rock) e Slave (evocativo e appassionante).
Con “Beyond The Scars”, insomma, i Cayne convincono con un album molto piacevole, in cui momenti più energici si snodano in rivoli più gentili e, soprattutto, malinconici, in armonia con i trend di certo modern metal e del rock più gotico e darkeggiante, che non dispiacerà ai tifosi di band come gli Alter Bridge, ma anche HIM, Paradise Lost e, perché no, 30 Seconds to Mars.
Francesco Maraglino