Recensione: Beyond The Veil [Reissue]

Di Vittorio Sabelli - 14 Gennaio 2014 - 0:07
Beyond The Veil [Reissue]
Band: Torchure
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 1992
Nazione:
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85

 

Assurda la storia dei tedeschi Torchure, nati a Uelzen, in Bassa Sassonia, nel 1985 per mano dei fratelli Thorsten e Andreas Reissdorf, rispettivamente bassista e chitarrista. Dopo vari avvicendamenti in line-up la band finalmente riesce a produrre il primo demo “Signs Of Premonition” nel 1988, seguito da “Hellraiser” del 1990 e “Traces” dell’anno successivo. Finalmente nella primavera 1992 l’etichetta 1MF Records mette sotto contratto la band per l’attesissima uscita del primo full-length “Beyond The Veil”, che porterà i Torchure in tour dapprima con la Disharmonic Orchestra e poi con i Pestilence all’apice del loro successo e a seguire nientemeno che con i Sepultura, reduci dall’uscita l’anno prima di “Arise”. Il calcare i palchi di tutta Europa con un’ottima visibilità dopo l’uscita del loro primo disco avrebbe senz’altro potuto permettere alla band di accrescere il suo seguito in termini di fan.

Ma l’ottobre dello stesso anno la disgrazia si abbattè sulla band: l’auto guidata da Andreas si schianta contro un albero a notte fonda e tre dei cinque occupanti il veicolo muoiono sul colpo, tra cui entrambi i fratelli Reissdorf. Colpo basso del destino per la band, che cominque il cantante Matzak vuole tenere in vita, reclutando i fratelli Mario e Malte Staller alle chitarre. Il seguito è l’album “The Essence” dell’anno successivo, dopodiché non si hanno notizie della band, che si scioglie definitivamente ed anche i fratelli Staller moriranno in circostanze misteriose. A distanza di ventuno anni dall’uscita del loro disco “Beyond The Veil”, l’etichetta Vic Records ne acquista i diritti, e ne pubblica la ‘riuscita’. Il nuovo disco è stato completamente rimasterizzato e inoltre sono state aggiunte due nuove tracce non presenti nel disco originale, “Mortal At Last” e “Vortex Of Thoughts”, finora mai apparse su alcuna demo della band.

L’intro sinistra “The Veil Of Sanity“ è opera delle tastiere di Felsner, sulle quali irrompe Matzak con il suo ‘grugnito‘ da animale squartato. Le chitarre irrompono in puro stile death metal, sia come timbro (grezzo) che come ritmiche variopinte, a tratti coadiuvate dai tappeti sonori delle tastiere, che enfatizzano particolari sezioni ‘tranquille‘. Per il resto in “In His Grip“ c’è tutto quel che l’epoca richiedeva. Voce sotterranea, aggressività e passaggi da sezioni tirate a doom improvvisi con le basse frequenze dei tamburi della batteria di Pickbrenner. Da notare un’entrata errata della seconda chitarra che sottolinea il fatto che tutto sia stato registrato live in sede originale, senza poter intervenire sul singolo strumento.

”Abysmal Malevolence” rende omaggio agli Autopsy, soprattutto per quanto riguarda le sezioni veloci, che si differenziano con gli stacchi che lasciano respiro d’azione. “Mortal At Last”, una delle due bonus-track, altro non è che un duetto tra l’organo sommesso di Felsner e la voce di Matzak, che lavora tra declamazione e scoperta timbrica. La successiva “Resort To Mortality” è il brano più lungo del disco con i suoi dieci minuti. Solenne e a tratti folkloreggiante riesce a esprimere nelle sue diverse sezioni il potenziale della band, che non va mai scemando durante l’ascolto, grazie a una capacità di coinvolgimento e a un songwriting che non perde colpi nemmeno per un secondo. Il drumming punkeggiante di “Genocidal Confessions” riporta a band quali Master e Sodom, che già ne avevano fatto uso nei loro primi dischi, ma lo scopo dei Torchure non è tanto di copiare queste grandi band, quanto di mettere in gioco un loro particolare sound che sprizza energia da tutti i pori.

Il charleston è l’intro di “Apathetic” che, con i suoi due accordi iniziali si sviluppa dapprima in una sezione melodica e poi in un mid-tempo con un background ‘a mò di coro’ sul quale si riescono sempre a stagliare in maniera egregia le chitarre di Andreas Reissdorf e Tomas, sia in fase di riffing che in assolo. “Depressions” invece devia verso una sezione melodica e poi in una doom che riescono a tener alta l’attenzione. La (cortissima) seconda bonus track “Vortex Of Toughts” è un solo di tastiere che stempera la tempesta innescata dalla band, con evidenti richiami all’intro “The Veil Of Sanity“. La conclusiva “Beyond The Veil” tiene alte le sorti di questo disco, con il suo ritmo e la sua carica esplosiva, nonostante qualche piccola sbavatura soprattutto in fase di drumming, che paradossalmente nel contesto non disturba affatto.

Tenendo conto delle produzioni dell’epoca possiamo ritenerci fortunati che tale lavoro sia sopravvissuto e soprattutto sia stato riportato a galla dall’etichetta Vic Records, che rimette in commercio un disco eccellente per una band sfortunata, che avrebbe potuto aggiungere tantissimo al panorama del death metal.

Immancabile in ogni discografia!

Vittorio “versus” Sabelli
 

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