Recensione: Beyond The Wall of Time
Cosa sarebbe successo ai Mastodon se, dopo Crack the Skye, avessero deciso di rendere la loro proposta più articolata, lisergica e cerebrale? Se invece di farsi sempre più melodici, quasi indie, fossero andati nella direzione opposta? Naturalmente nessuno potrà mai saperlo, però si potrebbe supporre che non sarebbero stati molto dissimili ai francesi Glowsun. Questo gruppo infatti, giunto con Beyond the Wall of Time al terzo album in sette anni, ma con ben quindici anni di carriera all’attivo, nel tempo è riuscito a produrre una strana miscela di stoner e psychedelia.
Il disco esce per Napalm Record, all’interno di cui i Glowsun sono probabilmente la band più atipica e meno allineata, dato che l’etichetta austriaca è famosa per la sua estetica prettamente vikinga. I Glowsun infatti sono portatori di un sound di chiara impostazione stoner, decisamente contaminata con massicce dosi di psychedelia settantiana, sludge, e finanche doom.
Altro elemento degno di nota, i francesi fanno pochissimo ricorso alle vocals. Cosa che pesa molto sull’economia di un disco fatto da basi lente e martellanti su cui si innestano ora più ora meno inserti di chitarre acide e lisergiche. La opener Arrow of Time e la successiva Last Watchmaker’s Grave sono in tal senso dei pezzi (da nove minuti) di doom colorato con articolatissimi inserti di psychedelia. Se riuscite ad immaginare una cosa simile, unita alla quasi totale strumentalità delle composizioni, potete farvi un’idea di quanto agonici siano i primi ascolti del disco, se si esclude Against the clock, unico pezzo “canonico” del platter – davvero non starebbe male nel già citato Crack the Skye o in Blood Mountain.
Superata l’agonia, ad ogni modo, i Glowsun iniziano a farsi strada, con le loro melodie desertiche, lente ed incessanti, nella testa dell’ascoltatore. L’album si rivela arido e affascinante, tetro e luminoso, i riff iniziano ad imprimersi in testa, scoprendo una proposta originale e decisamente meno ostica di quanto a prima vista appaia. Soprattutto, i transalpini confermano il loro essere una band non allineata non solo per quanto riguarda la Napalm ma tutto il panorama europeo, come testimonia il sempre maggiore interesse che si sviluppa attorno al gruppo.
La fetta sempre più corposa di pubblico che i Glowsun si stanno prendendo è sicuramente indice di una cosa: il metal, ed in particolare il rock lisergico, alterato ma soprattutto strumentale, se la passa assai bene. Dal post rock dei God of The Atheist fino al black atmosferico dei Lustre, sono sempre di più le band che lasciano per gran parte dei loro dischi le voce da parte. Il rischio, come spesso accade in questi casi, è che la strumentalità trasformi un album in qualcosa di cerebrale e poco immediato. I Glowsun grazie a Beyond the Wall of Time si pongono in mezzo a questa fitta schiera come una proposta senza dubbio originale e matura, non perfetta certo, ma comunque gustosa ed interessante.