Recensione: Bikers Welcome! Ladies drink free
Ammettetelo, avete deciso di leggere questa recensione perché siete stati attirati dall’interminabile serie di caratteri che forma il nome del gruppo e quello del disco. Non vi vergognate, è normale! Cerchiamo ora di capire cosa stiamo per ascoltare; negli anni, abbiamo messo nello stereo dischi con musicisti pirati, cantanti vichinghi, muscolosi bassisti barbari unti d’olio e chitarristi in armatura da cavaliere. Adesso, è il momento di avventurarsi nel lontano Ovest, terra di frontiera, dove vige la legge della pistola e il terreno è più secco di una bottiglia di liquore dopo una festa: Buck Satan, alle anagrafe Al Jourgensen, e i suoi scagnozzi hanno deciso di interpretare il ruolo dei banditi. Scordatevi, però, fazzoletti davanti alla faccia e rapine alla diligenza! Al massimo, avrete assalti a furgoni portavalori con un passamontagna ben calcato in testa. La proposta musicale della band britannica (si, avete letto bene, il quintetto proviene dal Regno Unito) è piuttosto curiosa: ci troviamo di fronte a una commistione di hard rock e musica country, un alchimia a cavallo tra i Lynyrd Skynyrd, Johnny Cash e i Motörhead. Indubbiamente, le premesse sono interessanti, il gruppo non si è certo risparmiato quando si è trattato di mettere carne al fuoco; vediamo se l’hanno lasciata bruciare o se il grado di cottura è ottimale.
Si parte subito a gran velocità con Quicker Than Liquor: il brano è sporco, rapido e dissacrante, un inno al nichilismo più sfrenato intessuto su una trama di chitarre, banjo e armonica e coronato da un bell’assolo. Ottimo incipit, mostra immediatamente le potenzialità della band e sintetizza validamente la loro proposta musicale. What’s Wrong With Me è un pezzo graffiante, raschia i padiglioni auricolari dell’ascoltatore senza pietà, arrampicandosi senza riguardo all’interno delle orecchie lasciando una sensazione di soffocante incompiutezza, un senso di inadeguatezza oppressivo che, lungi dall’essere un difetto, caratterizza la canzone e la rende veramente intrigante. Medication Nation si dipana in maniera più ampia, liberando le energie represse nella traccia precedente. L’assolo di chitarra introduce un crescendo armonico che regredisce nel finale, cristallizzandosi in un’ ossessiva alternanza tra strumenti, in cui la regina incontrastata è la batteria, che picchia incessante e implacabile. Drug Store Truck Drivin’ Man è un brano allegro, ma decisamente troppo country. Non è brutto o banale, semplicemente in nessun istante è possibile considerarlo rock o, tantomeno, metal. Soprassediamo e continuiamo con l’ascolto, sperando che sia stato solo un episodio. La deriva musicale continua,però, con The Only Time I’m Sober Is When You’re Gone; pur essendo un pezzo scanzonato e stimolante, continua a protendere decisamente verso Cash piuttosto che in direzione di Lemmy. La musica non cambia con Cheap Wine, Cheap Ramen, ed è ormai un dubbio legittimo quello che assale l’ascoltatore quando comincia a pensare di avere messo nello stereo semplicemente un disco country con un paio di tracce più spedite.
Sebbene siano orecchiabili, tutte queste canzoni lasciano perplessi e confusi. Down The Drain ci riporta, finalmente, nei territori a noi più congeniali delle chitarre dal suono tagliente e delle voci arrochite, in un pompante bluegrass, condito di assolo di armonica e di fraseggi variopinti da parte degli strumenti a corda. L’arrabbiata conclusione ci catapulta direttamente in Sleepless Nights And Bar Room Fights, incalzante e spedito, con inebrianti inserti di violino al fulmicotone che esplodono improvvisamente, innescati dalle scintille sprigionate dalle sei corde di Dr. Cheeks e Rodney Munch. Friend Of The Devil rallenta nuovamente i ritmi e torna a impaludarsi nella zona grigia dell’incertezza di genere, sebbene abbia ancora qualche singulto di rock ‘n’ roll. Ten Long Years In Texas è una nuova ballata, lurida e catarrosa, non tenta brusche accelerazioni, preferendo piuttosto avanzare in maniera viscosa, lenta e inarrestabile. Le sonorità della scorrettissima I Hate Every Bone In Your Body Except Mine sono le stesse della traccia precedente; la struttura è identica e scorre lineare fino al termine del disco, affidato alla lenta e sognante Take Me Away dove, pur non rinunciando a cinismo e disincanto, i ritmi si dipanano e si librano verso l’orizzonte, portandoci ad una melodica conclusione.
Tirare le somme e cercare di sintetizzare quest’album non è facile. Partendo da un’idea interessante, Buck Satan e i suoi complici hanno dato vita ad un disco che ha delle buone potenzialità ma che perde un bel po’ di cartucce lungo la strada. Almeno un terzo del CD è indubbiamente e ineluttabilmente alieno da qualsiasi forma di rock più duro e questo non può che considerarsi un pesante passo falso: qualunque acquirente sarebbe interessato all’album per la sua portata innovativa e non certo per sentire una manciata di quadriglie nichiliste e politicamente scorrette. Un vero peccato, perché il resto delle tracce sono divertenti e piacevoli, ben registrate e con quella spolverata di originalità che non guasta mai. Nel caso il gruppo decida di continuare questo esperimento, farebbe bene a cercare una strada ben definita, altrimenti rimarrà sempre e solo un divertimento musicale, un disco curioso da far sentire agli amici per stupirli con qualcosa di inconsueto. Staremo a vedere.
Damiano “kewlar” Fiamin
Discutine sul topic relativo
Tracce:
1 Quicker Than Liquor 3:10
2 What’s Wrong With Me 4:19
3 Medication Nation 4:34
4 Drug Store Truck Drivin’ Man 4:31
5 The Only Time I’m Sober Is When You’re Gone 3:21
6 Cheap Wine, Cheap Ramen 4:11
7 Down The Drain 4:35
8 Sleepless Nights And Bar Room Fights 3:00
9 Friend Of The Devil 4:25
10 Ten Long Years In Texas 4:30
11 I Hate Every Bone In Your Body Except Mine 5:18
12 Take Me Away
Formazione:
Dr. Cheeks – Chitarra
The Great Cornholio – Basso
Rodney Munch – Chitarra
Buck Satan – Voce
Billy Tubin – Batteria