Recensione: Binary Music
Due anni fa, con l’esordio dal titolo “Master of the Universe”, il progetto artistico intitolato al pluristrumentista e cantante scandinavo Michael Palace lasciò a bocca aperta gli appassionati di melodic rock/AOR, e, soprattutto, chi ha lasciato il cuore negli anni ottanta e nel rock energico e cromato di questi anni. Il disco, infatti, era un concentrato virtuoso di canzoni ispirate e brillantemente eseguite, dotate di straordinaria freschezza a dispetto del suono “revivalistico”.
Da allora, il giovane Palace ha percorso parecchia strada lungo i sentieri dell’AOR nordeuropeo. Il musicista, infatti, ha dato il suo prezioso contributo ed ha impresso il suo marchio dal vivo ed in studio per (tra gli altri) Hank Erix, Erika, Find Me, e Jim Jidhed.
Non solo: ha collaborato con l’etichetta Frontiers come autore, oltre che chitarrista, per le produzioni di First Signal (con Harry Hess degli Harem Scarem), Cry of Dawn (con Goran Edman), Toby Hitchcock.
Le sue strade, pertanto, si sono incrociate con un altro mastermind dell’AOR svedese, Daniel Flores (impegnato, appunto, con i citati Find Me e First Signal, ma anche con i The Murder Of My Sweet), che ritroviamo anche qui nel nuovissimo album “Binary Music” dei Palace.
Il risultato dell’alchimia tra Palace e Flores è un altro album che conferma il brio, la grinta, e lo spavaldo amore per la melodia dell’esordio, rispetto al quale si riscontra una vena lievemente più hard.
Ciò avviene, ad esempio, proprio in Binary Music, un uptempo dominato da tastiere ottantiane e da una chitarra aggressiva, e contrassegnato da una raffinata melodia e da un ritornello accattivante assai.
Va detto che è davvero difficile, se non impossibile, trovare filler, in questo florilegio di brani scintillanti.
Eccellono, infatti, qui, anche canzoni come Tears Of Gaia, veloce, catchy, solare e sculettante e Nothing Personal, un soft rock dinamico alla Toto, trascinante e dalle sfumature quasi fusion nel bell’assolo di chitarra. Sulla stessa scia pure To Have And To Hold, altro rock frizzante e iper- melodico che richiama alla mente sia i citati Toto sia gli Styx.
Ma tutti gli altri brani sono di pregevole fattura. Citiamo, ad ulteriore esemplificazione di ciò, Julia (immancabile, in un vero disco di AOR, una canzone con nome di donna!), dalla partenza vagamente bluesy con armonica e chitarra che si sviluppa in un AOR grintoso e dalla stellare melodia. Una canzone che dimostra che il disco è tutt’altro che monocorde, al pari di Love Songs, canzone carica di soul, solarità e di un pizzico di grandiosità da musical nel chorus, e come pure Queen Of The Prom (dall’incipit a cappella), che palese le influenze di Styx, Queen e pure Beatles.
Il resto dell’album è pane (squisito) per i denti di chi ama i grandi dell’AOR statunitense: Who’s Counting Time è la tipica ballatona zuccherosa di cui certi REO Speedwagon e Journey sarebbero orgogliosi, Dangerous Grounds è un AOR cadenzato orecchiabile ed energico che avrebbe fatto la gioia della radio FM trenta e più anni fa, Promised Land è un brano dalle grandi melodie, enfatico e trionfale e ispirato a certi Journey.
“Binary Music” è, a conti fatti, un’opera elegante, patinata, ispirata al miglior hard rock melodico degli Eighties a stelle e strisce, dal songwriting ricco ed eclettico.
Insomma, a parere del vostro recensore, si tratta di un disco da non perdere per i fans di questo genere.
Francesco Maraglino