Recensione: Bipolarities
Split-album. Strana creatura. Cozzo di due o più band che, spesso, è appena sufficiente per porre giudizi, a volte inutile poiché vuoto di contenuti, in qualche occasione rivelatore di leggende. Più prosaicamente, unico modo, a causa della scarsezza del budget, di avere una chance di farsi notare.
Nel caso in esame in “Bipolarities” operano i Diskord e gli Atvm, che propongono elementi diversi, ma non troppo, fra loro, da cui, si presume la genesi del titolo appena menzionato. Proprio gli Atvm si mostrano come entità principale poiché, a fronte di due soli brani, fabbricano il doppio della musica dei Diskord (quattro brani).
I Diskord appartengono a un insieme che, a mano a mano che passano gli anni, si rimpolpa con continuità: il dissonant death metal. Il che dice parecchie cose. La prima, che non esiste alcuna forma di melodia. Disarmonie, cacofonie e compagnia stridente accompagnano lo stile del combo norvegese nel breve viaggio che, partendo da ‘Onward! To Nowhere’, arriva a ‘Pass the Baton’.
La seconda, la complessità e varietà di uno stile che risulta ostico anche ai palati più duri; sound che ingloba una caleidoscopica visione di se stesso mediante, per esempio, pattern di batteria che involvono numerosi ritmi, blast-beats compresi. Per non parlare del caotico lavoro di Dmitry alla chitarra. Caotico? Sì! Perché, anche a passare e ripassare sul suo riffing, emerge una mancanza di coesione fra i vari accordi, che si muovono ciascuno per la propria tangente (‘Cogged Pother’). Il che non è detto che sia necessariamente un difetto, ma che allo scriba non piace quasi per niente.
La potenza del sound è buona, nonostante siano presenti istanti in cui non sia rispettata la continuità sonora. Le linee vocali sono classiche, nel senso che si abbracciano a un growling profondo, rauco, a volte dolorante. Il basso di Eyvind va anch’esso per la propria strada, apparentemente lontano bensì vicino a ciò che combinano i suoi compagni di avventura.
Indecifrabili le song, nel senso che la ridetta sensazione di caos rende tutto uniforme, come un inestricabile malloppo di note pressate in una sfera da cui non riescono a uscire. Un lavoro solo per super-appassionati, insomma.
Per quanto riguarda gli Atvm, pure essi si dilettano a pascolare nel dissonant death metal, tuttavia restando aggrappati per qualche verso al death metal… normale. Ed è qui che si sviluppa la bipolarità con i Diskord. Una bipolarità non molto evidente, a dire il vero, giacché i Nostri hanno dato vita a due sole canzoni, nondimeno dalla durata rilevante. ‘Cancer’ vola alla velocità del suono, dando l’idea di uno stile meno astruso rispetto ai ridetti Diskord. Soprattutto con ‘Morphine’, esprimono una buona dose di preparazione tecnica ma anche artistica, specificando che con ciò si intende una leggibilità a portata di più persone.
I riff di Tom sono granitici, rocciosi, in grado di costruire una barriera monolitica su cui stampare accordi lineari seppur complicati. L’ugola di H srotola le linee vocali con una specie di growling soffiato che lo rende del tutto ininterpretabile. Finalmente viene dato il giusto risalto al basso, manipolato da Luke con notevole maestria. Nella parte centrale della closing-track la formazione tedesca si esprime ai margini del metal comprendendo, anche, qualche arpeggio vagamente melodico.
Nel complesso, con la dissonanza che è un segno di spicco di “Bipolarities”, gli Atvm risultano meno lambiccati dei Diskord, più sciolti, con soluzioni maggiormente alla portata dei cultori dei metal estremo. Certamente l’opera è contrassegnata da suoni striduli e discordi (nome omen…) fra loro, tali da disegnare stili troppo lambiccati per i più, purtuttavia esprimenti l’impegno profuso dai due act nel cercare di creare qualcosa di diverso dal solito.
Daniele “dani66” D’Adamo