Recensione: Birth
I Cranian arrivano dalla sempre più prolifica provincia di Pordenone. La band, nata dall’idea dei due chitarristi Marcello Piantanida e Gianluca Cepparo, dopo una serie infinita di cambi di lineup, trova una sua stabilità nel 2009. Nella sua fase iniziale la formazione pordenonese si dedica a varie cover, dai Metallica agli Slayer, per poi iniziare a comporre i primi pezzi targati Cranian. Nel 2011 arriva così il primo demo. Il quartetto inizia una assidua attività live ed arrivano all’atteso debut album, intitolato “Birth”, nel 2014. La band, rimasta priva di bassista dopo la dipartita di Manuel Gobulin, porta avanti una proposta musicale che evidenzia influenze thrash metal e metalcore. Infatti, uno dei nomi che vengono in mente dopo l’ascolto di “Birth” è quello dei Trivium che, guarda caso, vengono citati come una dagli stessi Cranian.
Il disco presenta una produzione curata, merito dell’ottimo lavoro svolto ai Brickstone Studio in Slovenia e dal missaggio e mastering effettuato agli Artesonika di Pordenone. La miscela dei Cranian è sicuramente piacevole, presenta delle strofe basate su rocciosi mid tempo e parti cadenzate che lasciano poi spazio a dei ritornelli melodici e ben curati. A farla da padrone sono le due chitarre di Marcello e Gianluca che riescono a proporre riff semplici ma coinvolgenti. Basta ascoltare “Breaking Down The Walls Of Conformism” per capire al meglio quanto fin qui detto. Senza ombra di dubbio uno degli highlight del disco. Ottima la prova vocale, ad opera sempre di Gianluca Cepparo, che risulta più aggressiva, ai confini col growl, nella strofa per diventare poi pulita nel ritornello. Come si può facilmente evincere dal titolo della song, i Cranian presentano delle liriche impegnate, approfondendo tematiche legate al sociale ed al particolare momento storico/politico che stiamo vivendo. Altro highlight del disco risulta essere “Crepe D’Autunno”, song cantata in italiano nella parte iniziale ed in inglese in chiusura che, dopo un inizio un po’ scontato, presenta un interessante evoluzione in cui affiorano ottime melodie di chitarra ed uno stacco estremamente pesante ed aggressivo nel finale. Sicuramente degne di nota la moderna “Paralyzed”, canzone che si apre con una parte cadenzata praticamente spezza collo, per poi aprirsi in un ritornello estremamente melodico ed avvincente, e “The Shame Of God”. Semplicemente ottima, grazie alla sua articolata struttura, l’ambiziosa suite “Resurrection” posta in chiusura del disco.
Come dicevamo, “Birth” presenta delle canzoni con una struttura ben definita, basata perlopiù su dei mid tempo. Proprio questo, alla lunga, risulta esser uno dei limiti dell’album in quanto viene meno quell’effetto sorpresa che qualche traccia più diretta, veloce, avrebbe sicuramente creato. Le canzoni sembrano quasi più studiate per un approccio live che su disco. I mid tempo e le parti più cadenzate, dal vivo, produrranno sicuramente “l’effetto jump” e l’headbanging tra gli aficionados del genere, ma su disco manca l’effetto sorpresa di cui sopra. Nonostante questo e qualche ingenuità, dovuta perlopiù alla giovane età media della band, “Birth” è sicuramente un buon punto di partenza per la band friulana.
Marco Donè
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