Recensione: Black Anima
I Lacuna Coil, dopo tre anni di silenzio discografico, tornano con Black Anima, un disco che prosegue il discorso interrotto con il precedente Delirium. Una premessa doverosa prima di addentrarci nello specifico del disco: la band meneghina al netto dei detrattori (specialmente italiani come spesso accade con le band nostrane purtroppo) è tra le migliori espressioni di un certo metal moderno e senza ombra di dubbio il gruppo con cantante donna più bravo in circolazione da anni. I vari Evanescence, Nightwish e compagnia bella sono anni luce dietro la proposta di Cristina Scabbia e soci.
Dopo questa doverosa precisazione andiamo ad analizzare il nono sigillo dei Lacuna Coil. Un lavoro, questo Black Anima, pesantissimo nel sound pachidermico che strizza l’occhio a diverse band americane (Korn,Slipknot e addirittura Fear Factory in alcuni frangenti). Se qualcuno si aspettava un nuovo Comalies o KarmaCode rimarrà deluso, perchè, seppur possiamo tranquillamente parlare di un lavoro riuscito e che sicuramente va oltre l’essere discreto, non tocca certo le vette di quei capolavori, che rimangono irraggiungibili. E forse è anche meglio così, perchè alla fine che senso avrebbe riprodurre un sound che nel tempo è stato modificato e si è evoluto? Un disco è un ritratto di un momento preciso, che non si può ricatturare a distanza di anni. Si parte dunque con un’intro atmosferica intitolata Anima Nera, per passare alla dinamitarda Sword Of Anger, un brano dove si nota subito la presenza massiccia delle vocals in growl di Andrea Ferro (caratteristica che è presente anche in molte altre tracce). Si prosegue con Reckless, un potenziale singolo scala classifiche (specialmente quelle americane), con un ritornello melodico che rimane ben piantato in testa.
La cosa chiara dopo pochi ascolti è che i Lacuna Coil ormai di Europeo hanno ben poco, si possono definire a tutti gli effetti un gruppo dal sound americano, con tutti i pregi e i difetti del caso. È ovvio che la band capitanata da Marco Coti Zelati guardi di più al mercato d’oltreoceano che a quello del Vecchio Continente. Andando avanti con la scaletta del disco risalta l’eterea Apocalypse, sicuramente uno dei brani che più riporta alla mente i vecchi Lacuna Coil, quelli di Comalies per intenderci, però interpretato e filtrato con il sound massiccio di questo 2019. Peccato non tutti i brani seguono questa linea, perchè qui Cristina e soci sembrano aver trovato un giusto equilibrio tra presente e passato. Altra canzone particolarmente bella e con rimandi a gruppi goth come i portoghesi Moonspell è sicuramente Veneficium con degli arrangiamenti ricercati, specialmente negli intrecci vocali, che attingono a piene mani alla musica classica, di una bravissima ed ispirata Cristina Scabbia che duetta sia con Ferro che con i riff taglienti di Marco. Altra freccia nell’arco di questo nuovo capitolo è la title track posta in chiusura, una traccia con una melodia di piano sinistra a cui si abbina perfettamente la calda voce della Scabbia, in un crescendo di atmosfere cupe abilmente bilanciate tra versi e ritornelli. Grande pezzo.
Tirando le somme questo Black Anima è un platter che sono certo farà molto bene in USA. Per quanto mi riguarda un disco che ha degli ottimi picchi e dei brani standard. Comunque un lavoro riuscito e che va ben oltre la sufficienza.
Ben tornati!