Recensione: Black Grimoire

Di Giorgio Vicentini - 16 Settembre 2005 - 0:00
Black Grimoire
Band: Blood Ritual
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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70

Stando ai dati, era dal 1997 che non si aveva traccia di un full lenght da parte degli americani Blood Ritual, guidati ora dal solo Bishop quale membro unico e mattone d’una fortezza death metal blasfema che lega il suo nome alla Church of Satan. Glisso volentieri sui tipici gossip che si sprecano in queste occasioni, per evitare di ingrassare chi antepone le affiliazioni pseudo religiose alla musica suonata, o chi crede che facciano semplicemente curriculum-coerenza. Ritengo molto più opportuno, invece, chiarire che a dispetto di eventuali proclami altisonanti, Black Grimoire è un disco serio e non una pagliacciata. 

La sua volontà? Presto detto: suonare death metal satanico così come lo voleva la prima ondata americana di questo movimento, quella idealmente (e non solo) capeggiata dai Morbig Angel del genio Azagthot. Black Grimoire inizia e finisce lì dove è rinchiusa la bestia blasfema che pezzi come “Invocation of Satan” o l’evocativa “Necromancy” sanno destare, tra riff che devono molta della loro consistenza alla band della florida, oltre a qualche leggera citazione ad uno stile più svedese nei momenti melodici e nell’inserimento di alcuni assoli.
Brano migliore del set “Statement of Baalzebub”, che racchiude in sé quanto i Blood Ritual sanno produrre: ritmiche spedite che si incattiviscono in accelerazioni diaboliche, drumming pronto a scattare per accompagnare gli affondi elettrici. Sound poderoso e sulfureo, produzione grassa ed “old fashion”, tanti riffoni stoppati e voci variegate da cori diabolici in sottofondo, grugniti bestiali che fanno da strascico al growl classico e più d’un momento nel quale si può carpire la voglia di possessione del leader della band, maestro cerimoniere attorniato da adepti uniti in un coro infernale. 

Punto in più del disco il suo saper essere sufficientemente vario nelle ritmiche, con ovvi limiti nell’atmosfera complessiva che punta soltanto e dichiaratamente in una direzione che si ama o si odia, cercando e trovando spesso l’enfasi ed un pizzico di teatralità e riuscendo di frequente ad invocare il tanto agognato feeling malvagio con brani malefici.
Quasi naturale spendere due parole in più a favore dell’ottimo Bishop (chiamarsi ”vescovo” in una death metal band satanica è qualcosa di affascinante), chitarrista alla ricerca di un’esecuzione tecnica ma che sa districarsi anche con la batteria, capace di anteporre la buona riuscita del disco a codarde semplificazioni delle strutture dovute a possibili carenze tecniche. 

Da questa voglia di malvagità nasce anche “Ur Song”, possente cavalcata strumentale, spezzettata nelle ritmiche da vari temi che vanno dal melodico al brutale; uno dei tanti brani che rievocano nello spirito lo stile ultratecnico di Azagthot, senza ovviamente raggiungere i picchi irreali dell’originale, ma riuscendo a renderne l’atmosfera.

In questi anni in cui la corsa verso gli estremismi segue la via dell’esasperazione, mi piace premiare un platter come questo, non impeccabile e nemmeno sbalorditivo, ma segnale che più di qualcuno crede ancora nel buon vecchio death stantio e catarroso che ha aperto la strada ai gruppi d’oggi.

Tracklist:
01. Invocation of Satan
02. Statement of Baalzebub
03. Necromancy
04. Ritual of Lust
05. Destruction Ritual
06. Hand of Glory
07. Summoning the Unholy War
08. Ur Song
09. Creation of Lilin

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Anno: 2005
70