Recensione: Black Liquid
Dalla Puglia, ed in particolare dalla provincia della Città dei Due Mari, Taranto, arriva una nuova band di hard’n’heavy, che s’avanza verso il proscenio metal italiano con il suo primo full-length, “Black Liquid”.
Il gruppo si è formato tre anni fa, a seguito dell’incontro di anime e di strumenti tra Gianbattista Recchia al microfono, Domenico Gallo alle sei-corde, ed Emanuele Rizzi dietro i tamburi.
Da allora, i BlindCat – questo il monicker della band – si sono sottoposti ad un intenso tirocinio live, esibendosi in concerti in tutta Italia. Tra questi show ricordiamo alcune esperienze certamente elettrizzanti, come il ruolo di opener per il mitico Glenn Hughes (giugno 2013) e per gli Earth, Wind & Fire (Narni, agosto 2013).
Ecco, come si diceva, i BlindCat approdare ora al traguardo cruciale del primo album, autoprodotto, che offre anche la presenza di Pietro Laneve al basso, e che si spinge nelle atmosfere tempestose di un heavy rock d’ispirazione a stelle e strisce, ma che non lesina, a tratti, spunti grungy.
An Ordinary Day sorprende subito per groove grazie all’inarrestabile lavoro di basso e batteria, mettendo spavaldamente in mostra ferocia e determinazione non scevre da un certo gusto melodico, soprattutto nei ritornelli. Il canto si palesa fin da qui come caldo e profondo ma non certo rassicurante. Anche Fairland si muove su analoghi territori heavy, e vede sugli scudi l’ascia, la quale grattugia i suoni e macina riff e assoli con abrasiva spietatezza.
In The New Farm, ancora, un umore più teso (ma sempre trascinante) s’affaccia tra muri sempre rocciosi di chitarra.
Under The Sun, altresì, è una ballata dal flavour vagamente post-grunge, resa policroma grazie all’affiancamento di oscurità e aperture più ariose, con qualche debito ad Alice in Chains e Soundgarden. Queste atmosfere fangose ed intense si replicano, pure, nella suggestiva Evil Mind.
In Premonition, invece, il clima si alleggerisce virando verso suoni più scorrevoli e melodici, determinando un ambiente evocativo e quasi catchy, come pure avviene per The Journey, dal pregiato assolo di chitarra.
Pride, di contro, è un uptempo metal in cui il batterista pesta duro tra riff saettanti, e sempre su tempi arrembanti si muove I Will Avenge, dagli originali passaggi vocali.
Chiude l’album The Black Widow (cover dal repertorio di Alice Cooper), in bilico tra inquietudine e melodia.
Con il loro CD d’esordio, insomma, i BlindCat dimostrano subito, accanto alla grinta ed alla determinazione proprie di una giovane band che vuole urlare al mondo la propria voglia di fare musica, anche sorprendenti maturità e lucidità, esaltate da una voce di rilevante espressività, un “tiro” instancabile della sezione ritmica, ed un efficace wall of sound chitarristico.
Aspettiamo con interesse, dunque, di ascoltare le loro prossime imprese artistiche.