Recensione: Black Masses
Da sempre sinonimo di qualità, la creatura Electric Wizard, nel corso della
sua storia, si è sempre contraddistinta per una graduale e lenta evoluzione che,
parallelamente, ha visto salire, gradino dopo gradino, sempre più in alto la
qualità delle proprie composizioni. Dopo un esordio devoto in tutto e per tutto
allo stoner doom, seguito da due dischi del calibro di Come My Fanatics… e
Dopethrone
(entrambi highlight assoluti della discografia), la band ha continuato sulla
propria strada mischiando le carte di release in release, con pubblicazioni sì
fedeli al genere principale (lo stoner doom, per l’appunto), ma condite da
variazioni stilistiche atte a rendere ogni disco diverso dall’altro, fino a
tornare, con il precedente
Witchcult Today, alle origini del doom primordiale di matrice
sabbathiana.
E con l’arrivo di Black Masses ecco che la situazione si
stabilizza un po’. Se, come già detto, la band prima ci aveva abituati a dischi
che erano l’uno diverso dall’altro, in questo caso le cose non cambiano per
niente. Il nuovo arrivato in casa Electric Wizard segue, anche in maniera
piuttosto naturale, la stessa scia del precedente Witchcult Today,
dal quale riprende le atmosfere (malate) dei 70’s, i chitarroni sporchi e,
ancora una volta, una produzione (realizzata in analogico) che farà nuovamente
felici gli amanti delle sonorità più “vintage”.
Il problema principale di Black Masses è dunque quello di deludere
un po’ le aspettative. Sembra che, questa volta, ad aver avuto la meglio sia
stata forse la stanchezza, visto che la formula viene ripetuta esattamente allo
stesso modo in cui era stata concepita per il disco precedente. Chiaramente, a
tenere in piedi i pezzi è soprattutto l’esperienza di Jus Oborn e soci,
ed è sicuramente la prima parte del disco a giovarne, con pezzi come la stessa
Black Mass e la successiva Venus In Furs che si affidano sì a
formule che per altri potrebbero essere qualcosa di eccezionale, ma che anche, come già detto, non aggiungono nulla di
nuovo a quanto fatto fino ad ora dalla band inglese. Formule che, dalla seconda metà del disco,
cominciano anche a diventare fin troppo ridondanti e, di conseguenza, poco
convincenti, se non del tutto stancanti. Pezzi come la dilatatissima Satyr IX
e Turn Off Your Mind, o, ancora, la blueseggiante Scorpio Curse
rimangono fedeli e coerenti alle coordinate stilistiche del gruppo, assumendo
però le sembianze di niente più che un compitino svolto in modo diligente.
Non un disco brutto, ci mancherebbe, ma che comunque poco aggiunge a quanto
già fatto in passato. Black Masses appare più come una revisione
del precedente Witchcult Today, dal quale riprende tutto, meno che
la qualità delle composizioni, che in questo caso faticano davvero a convincere
in pieno, anche dopo ripetuti giri nel lettore. Un disco che si divide tra le
luci iniziali e le fitte ombre di una seconda parte poco ispirata e che,
irrimediabilmente, si inabissa su formule stilistiche poco efficaci.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
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Tracklist:
01 Black Mass
02 Venus In Furs
03 The Nightchild
04 Patterns Of Evil
05 Satyr IX
06 Turn Off Your Mind
07 Scorpio Curse
08 Crypt Of Drugula