Recensione: Black Out In The Red Room

Di Mauro Gelsomini - 12 Settembre 2005 - 0:00
Black Out In The Red Room
Band: Love/Hate
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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79

Altra “chicca” da parte della Bad Reputation: dopo Tough It Out l’etichetta francese ristampa un altro “must have” finito fuori catalogo, stavolta cambiando genere pur rimanendo nello status di cult album. Tocca in fatti a “Black Out In The Red Room”, disco debutto dei Love/Hate di Jizzy Pearl, che nel 1990 venivano lanciati dalla CBS con l’intento di sfruttare la scia del successo dello street/glam di quegli anni.
Successo di cui, tuttavia, non erano rimaste che poche briciole, dopo le abbuffate commerciali di Motley Crue, W.A.S.P. e Skid Row. E proprio alla band di Sebastian Bach vorrei fare riferimento per descrivere, a chi non lo conoscesse, il disco in questione.

Irriverenti e politicamente “sinistrorsi” (l’artwork che richiama i grafiti è illuminante) i Love/Hate diventano famosi grazie a tre pezzi su tutti: la trascinante titletrack, opener dell’album, un vero e proprio inno street, l’esuberante ma radiofonica “Why Do You Think They Call It Dope”, e “She’s An Angel”, che fu inclusa nella colonna sonora del film Nightmare 4. E’ difficile non ricordare le esibizioni istrioniche di Pearl, con la sua asta microfonica fatta di lattine di Budweiser, tanto per sottolineare il lirismo tutto “drink & party” dei brani targati Love/Hate; soprattutto in Europa il singer disseminò una nutrita schiera di fan che lo seguirono anche nelle sue apparizioni con Adler’s Appetite, L.A. Guns e Ratt, nonché nel suo sfortunato progetto solista. La sua voce, per chi scrive, sarebbe stata ideale per sostituire negli Skid Row Sebastian Bach, dopo lo split, ma il provino che effettivamente Jizzy fece per entrare nella band si risolse in un buco nell’acqua…

A dispetto degli antagonisti principali, gli Skid Row appunto, Black Out In The Red Room non contiene alcuna ballad – l’unico addolcimento è costituito dalla 12 corde acustica sulla strofa di “She’s An Angel – e tutti i pezzi, scritti principalmente dal bassista Skid, sono molto più minimalisti e ruvidi, un po’ la “versione live” degli Skid Row più energici…
I refrain sono meno pop rispetto a quelli dei colleghi del New Jersey, ma pur sempre d’impatto, e come tutto lo street dannatamente Ac/Dc, rispolverati senza nulla togliere alla grettezza originale dalla produzione di Tom Werman (Motley Crue, Stryper, Blue Oyster Cult, Junkyard, Dokken, Poison).

Succulenta la sezione bonus, con un brano da studio, “Tinseltown”, apparso sul singolo “Black Out In The Red Room”, e sei live track, registrate nel 1990 durante due delle date americane del tour del 1990. La qualità di queste registrazioni è decisamente scarsa, e se da una parte mostra il genuino rude rock’n’roll della band, dall’altra mette in evidenza numerose pecche esecutive che, forse, vanno eccessivamente a discapito della godibilità dei brani.
A completare la reissue, il booklet con sedici pagine di testi, foto e press-stuff dell’epoca.

Tracklist:

  1. Blackout in the Red Room
  2. Rock Queen
  3. Tumbleweed
  4. Why Do You Think They Call it Dope?
  5. Fuel to Rum
  6. One More Round
  7. She’s An Angel
  8. Mary Jane
  9. Straightjacket
  10. Slutsy Tipsy
  11. Slave Girl
  12. Hell, Ca., Pop. 4
  13. Tinseltown (bonus)
  14. Black out in the Red Room (live bonus)
  15. Mary Jane (live bonus)
  16. Fuel to Run (live bonus)
  17. She’s an Angel (live bonus)
  18. One More Round (live bonus)
  19. Slave Girl (live bonus)

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