Recensione: Black Storm Of Violence
A due anni dallo spaventoso “Unrelenting Fucking Hatred” deflagra nuovamente nell’aere una violentissima bordata lanciata dai canadesi Rage Nucléaire.
Si tratta di “Black Storm Of Violence”, secondo full-length che dipinge – ancora una volta – il genere umano nella maniera più negativa possibile. Preda solo e soltanto di manie omicide e suicide, di istinti vendicativi, affamato di genocidi e mosso da intenti assassini. Una visione che non ammette compromessi di sorta e che si riflette in una proposta musicale mostruosa, esagerata, pazzesca, apocalittica.
Una proposta che si era dimostrata in tal modo, e in tutta la sua completezza, già nel debut-album. Ma che qui, grazie al periodo di evoluzione intercorso fra le due opere, ha potuto mostrare una maggior attenzione nell’elaborazione delle song, ora imbastite con un modus operandi che va al di là della mera volontà di devastazione. Certo, lo stile del quartetto di Montréal è improntato sulla massima estremizzazione del metal, portato oltre i limiti del parossismo. Una caratteristica peculiare, del resto, che rende davvero unico o quasi un sound spaventosamente assestato su livelli di pressione sonora raggiungibili solo dai più dissennati, come per esempio – e non a caso – gli Anaal Nathrakh.
In mezzo a uno sfacelo pressoché totale, però, Lord Worm e gli altri loschi figuri inseriscono alcuni passaggi più meditati, come si può ascoltare in “Goddess Of Filth”. Il che si configura come un riuscito tentativo di regalare alle tracce del platter un altro step di visionarietà, un’ulteriore dose di acido lisergico sì da scatenare quanto più possibile la nascita di terrificati incubi; raffiguranti la Terra come immane palcoscenico di dolore, sofferenza e morte. L’idea, comunque, è in pratica dovuta, poiché è umanamente impossibile resistere a un ipotetico continuum di brani assolutamente sconquassanti come “A Sino-American Chainsaw War”, vera e propria apologia della follia scardinatrice. Parallelamente, non manca anche un tocco di melodia, facilmente rinvenibile in “The Deadfall Triptych”, pezzo in ogni caso costruito per triturare le membrane timpaniche il più finemente possibile.
Quelle appena evidenziate sono senz’altro buone intenzioni, ma è quando i BPM si alzano oltre la soglia del verosimile che i Rage Nucléaire danno il meglio di sé. “Ritual Murder (And Its Attendant Blessings)”, sferzata dall’abominevole growling di Lord Worm, totalmente intelligibile nella sua belluina ferocia, sfracellata dal terremotante drumming di Fredrik Widigs, è un episodio magnifico nella sua esplosiva aggressività. Un ipnotico passaggio in più stati di alterazione progressiva ove regna lo stordimento da trance da hyper-speed. Gli scenari, allora, divengono davvero quelli fissati nel disegno di copertina, perfettamente indicativo, con dono di sintesi estrema, di cosa sia la musica dei Rage Nucléaire.
Sicuramente occorre avere l’orecchio ben… addestrato, per resistere in primis e per apprezzare poi l’enorme pressione sonora generata dall’‘impossibile’ “Black Storm Of Violence”. Tuttavia, una volta fatta propria la necessaria resistenza alla fatica, si spalancherà davanti agli occhi della mente il meraviglioso quanto dissennato universo dei Rage Nucléaire.
Un universo nel quale è dolce sognare angosce e tormenti, e lasciarsi andare sui fiocchi di neve dell’inverno nucleare!
Daniele “dani66” D’Adamo
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