Recensione: Blackenday
Dodici mesi dopo la parentesi vincente di Neighbourhell, i connazionali Eldritch rilasciano il settimo sigillo, Blackenday, e si apprestano a coprire il sedicesimo anno di militanza sulla scena heavy metal internazionale. Un anno soltanto dunque, quanto basta per rielaborare le idee, applicarle in uno studio di registrazione e trasmetterle alla nutrita schiera di fedelissimi. Attenzione a non accelerare più del dovuto, ragazzi, la qualità viene prima della quantità.
Il quintetto livornese torna a puntare sui tecnicismi e sulla potenza, magari a discapito della melodia a tutti i costi, alla quale viene riservato in ogni caso un ruolo comprimario, riuscendo a far brillare la miscela esplosiva attraverso una produzione dai suoni grezzi e, ancora una volta, identificati all’interno di un tenebroso scenario post-nucleare: l’atmosfera è quella giusta.
Funzionalità ed efficienza sono garantite dalla struttura di brani scorrevoli, distribuiti strategicamente affinché l’ascoltatore possa tenere sempre alto il proprio livello di attenzione.
Dodici pezzi nella versione promozionale destinata alla stampa, gli stessi dodici nella tiratura jewel case e quindici (tre brani inediti e di primissimo livello come confermato da Eugene Simone nell’intervista) all’interno dell’edizione limitata: queste le alternative disponibili.
Blackenday coinvolge grazie al refrain potente incorniciato, come anticipato, in un’atmosfera futuristica suffragata dai taglienti riffs delle chitarre di Eugene Simone (lead and Rhythm Guitars) e Roberto Proietti (Rhythm Guitars) che a loro volta imbastiscono, supportati dal drumming compatto firmato Dave Simeone, un resistente tappeto ritmico.
La scaletta è variegata ma non esente da filler. Se Silent Flame, The Deep Sleep e The Blackened Day si presentano come i punti di forza del nuovo disco, The Child That Never Smiles e Never Dawn sono gli equivalenti punti deboli caratterizzati da un’intensità meno coinvolgente del solito e screditati da una prova vocale, quella di Terence Holler, un po’ sottotono.
Gli Eldritch scagliano la reiterata rabbia con maggiore convinzione rispetto al passato, Black Rain e Rumors si confermano come lo scalino successivo dell’evoluzione di un gruppo che, dopo Neighbourhell, sembra aver trovato nuova energia. A livello di ispirazione, però, registriamo un piccolo passo indietro.
Una prestazione altalenante ma abbondantemente sopra la sufficienza; un lavoro che non mancherà di soddisfare gli ascoltatori devoti, gli intransigenti e le nuove leve. La band sfoggia buone capacità in sede compositiva ed esecutiva confermandosi come una delle poche certezze italiane che possiamo permetterci di “esportare” con rinnovato ottimismo. Attendo una pronta e decisa conferma negli imminenti concerti.
Gaetano “Knightrider” Loffredo
Tracklist:
1.Silent Flame
2.The Deep Sleep
3.The Blackened Day
4.Why?
5.Black Rain
6.Broken Road
7.Rumors
8.Frozen
9.The Child That Never Smiles
10.The Fire
11.Shallow Water Flood
12.Never Dawn