Recensione: Blackened Cerebral Rift
I Dead And Dripping, attivi dal 2016, con il nuovo LP “Blackened Cerebral Rifts” segnano il terzo traguardo in carriera. O meglio, segna, poiché trattasi di una one-man band in cui Evan Daniele si occupa di tutto.
In ambito death, cioè di quanto in esame, tale tipo di formazioni non son così tante come nel black metal, ove invece imperversano numerosissime. Il che aggiunge un pizzico di curiosità al dovere affrontare l’ascolto del platter.
Il progetto elaborato da Daniele, per prima cosa, si distingue dalla massa per essere frutto delle idee di una sola mente. Il che non è poco, come differenza tecnico/artistica, da ciò che invece propone la massa stessa. Il risultato di tale approccio dovrebbe essere, quindi, un agglomerato di trovate musicali assolutamente coerenti fra esse, compatte, che seguono un unico filo conduttore, un’unica strada maestra, un’unica unità d’intenti. E così è. Verrebbe da dire… ovviamente. Diverso il discorso relativo a un gruppo tradizionale, in cui le pensate arrivano da più parti, assemblate fra loro per dar vita, anche in questo caso, se c’è talento, a uno stile rimandabile al gruppo medesimo.
La bontà di un disegno tratteggiato da una sola persona è, perciò, almeno a parere di chi scrive, desumibile dal fatto, fondamentale, che esso appaia, invece, come un quadro pitturato a più mani. Come se la one-man band non fosse una one-man band, insomma. E, occorre evidenziarlo immediatamente a scanso di equivoci, è proprio ciò che è “Blackened Cerebral Rifts”.
Davvero bravo, pertanto, il deathster statunitense, dato che il sound del disco non manifesta la caratteristica di essere stato concepito e poi suonato da una persona sola. Il possente e profondo growling è perfetto per la bisogna, che si traduce in una sorta di death metal assai tecnico (‘Meticulously Unraveling the Serpentine Consciousnes’). Ma non solo growling. Qua e là, nondimeno, appare qualche suinata emessa con l’inhale (‘Kaleidoscopic Visions of Porous Obsidian Eternities’). La qualità dell’esecuzione dei vari strumenti è di stampo professionale, soprattutto per quanto riguarda la chitarra. I riff sono convulsi, si rivoltano su se stessi per una non comune complessità. Molto dinamici, essi formano una struttura portante le cui membrature sono interpretabili solo e soltanto dopo accurati passaggi del full-length. Presi assieme ai passaggi solisti, che non sono niente male (‘Hopeless Desire for Reprieve’), sviluppano i dettagli di un mondo alieno, in cui regna indisturbata la dissonanza. Visionarietà, dunque, la quale si manifesta come uno dei segni particolari dell’opera.
Ma il Nostro se la cava più che bene anche con il basso e la drum-machine. La sezione ritmica, difatti, spinge con forza e decisione, non mancando di infilarsi sotto le coperte dei blast-beats (‘Tragic Ascent of Absurdity’s Pale Moon’) Attualmente, peraltro, l’evoluzione dei software a corredo della batteria elettronica ha raggiunto un livello tale che, se ben scritti, rendono il tutto quasi reale.
E, a proposito di scrittura, il polistrumentista del New Jersey riesce a superare la sufficienza pure nella creazione delle varie canzoni. Molto articolate, a volte lambiccate ma non troppo, piccoli reami ove domina la disarmonia. Assieme, danno luogo a uno stile ben definito, che non muta durante lo scorrere dei pezzi. Non manca nemmeno la suite, ‘Infinitely Plummeting into Violet Portals of Delusion’, lungo il viaggio attraverso le menti che abitano la Terra ma non solo. Malgrado questo, ai singoli episodi manca un po’ di personalità, il che, alla lunga, può essere foriera dell’intrusione di un pizzico di noia.
Alla fine, comunque, ciò che emerge con più vigoria è l’infinita passione di Daniele per il death metal. Una passione che non è intaccata minimamente dalla mancanza di partner adatti allo scopo. «Se nessuno abbraccia le mie idee, allora preferisco far tutto da solo». Questo, in estrema sintesi, potrebbe essere il motto del programma chiamato Dead And Dripping.
Daniele “dani66” D’Adamo