Recensione: Blackmore’s Castle Vol. 2
A poco più di un anno di distanza dal primo “Blackmore’s Castle” la Lion Music fa uscire il secondo dei suoi album di tributo dedicati alla leggenda Ritchie Blackmore. Tale prodotto, da buon seguito, è intitolato “Blackmore’s Castle Vol. 2”, e si inserisce nella galleria che la label finnica (che ha sotto le sue fila un buon numero di bands magari non famose ma neppure da disprezzare) riserva alle leggende della chitarra (due tributi a Blackmore, uno a Uli Roth e uno a Gary Moore). Gli artisti chiamati dalla casa sono ben 12, uno per pezzo, e cercano, chi più e chi meno bene, di interpretare quella “sporca dozzina” di pezzi dei quale si compone il platter. Balza subito all’occhio, leggendo la tracklist, un difetto che era presente anche nel primo dei tribute all’ex axeman dei Deep Purple, ovvero il fatto che non sono rappresentati i lavori di Blackmore solista. Non che la scaletta ne risenta (basta vedere i titoli, un concentrato di Rainbow e Deep Purple da leccarsi i baffi), però qualche traccia della Blackmore’s Night mi avrebbe senza dubbio fatto piacere. Detto questo valgono le considerazioni che si fanno in tutti i tributi di media fattura, che fanno della discontinuità uno dei loro marchi di fabbrica. Abbiamo infatti un alternarsi di cover ben realizzate ad altre veramente trascurabili. A dire la verità il maggior difetto del disco, che è tecnicamente non è fatto male, è paradossale perchè le esecuzioni più belle sono sicuramente quelle più attinenti alla traccia originale. Ora questo lo vedo come difetto perché teoricamente una cover dovrebbe essere la reinterpretazione della song stessa, per non avere in mano una sorta di “best of”. Qui nella gran parte dei casi non è così, amen.
Il primo lavoro proposto, nel caso dai Domain, è una “Stormbringer” potentemente rimodernizzata rispetto alla titletrack del secondo disco DeepPurpleiano di Coverdale. Il risultato non è male, forse un po’ troppo elettrico ma sicuramente non da buttare via. Promossa a pieni voti la seconda “Lady of the Lake”, con alla chitarra un positivo Michael Harris (che qui suona coi suoi compagni dei Darkology e con Steve Snyder) . Il classico dei Rainbow infatti, oltre ad essere simile all’originale (e scusate se è poco, vedi quanto detto sopra), ha un valore aggiunto nel vocalist (Snyder appunto) perché, ci crediate o no, il suo timbro ricorda davvero tanto quello di Ronnie James Dio. Non bestemmiatemi contro per partito preso, sentite il refrain e poi ne riparliamo. Ritorno ai Deep Purple con “Mary Long”, veramente una delle cover più brutte qui presenti. Gli svedesi Dogpound riescono infatti a rendere veramente fredda una song che nella sua versione originale è di estremo fascino. Non che sia suonata male, ma queste sonorità sono un po’ un pugno nell’occhio rispetto alle classiche. A metà fra bene e male il lavoro svolto dai nostrani Orion Riders, alle prese con un pezzo complesso quale “Burn”, qui in versione molto powereggiante. l’esecuzione è “a metà” perché se alcuni tratti sono decisamente ben eseguiti (vedi ad esempio le strofe e il buonissimo primo assolo, forse la parte più difficile da fare), altri distruggono quanto di buono mostrato (vedi ritornello). Si sente comunque di molto peggio, vedi il brano precedente. Picco sulla quinta song, forse la migliore delle presenti. Trattasi di una bella versione, di stampo pomp, di “I Surrender”. E’ un piacere ascoltare il lavoro di Daniel Flores, al quale segue una discreta e maligna “Kill the King” (dei Baltimoore), sì ben suonata ma che non fa gridare al miracolo. Rocciosa quanto basta, in sede di riff, “All Night Long”, che poco altro offre (ilchè la rende tendenzialmente da scartare) visto che il cantato non mi piace per nulla, distaccato com’è dagli strumenti. Bocciatura anche per “Maybe a Leo”, estremamente moderna e per la quale vale lo stesso discorso riservato a Mary Long, ovvero troppo fredda. Lo so che il sound della band (i Man on Fire) è quello e non può essere snaturato, d’altra parte io la sento così, quindi meglio passare avanti con la discreta, questa, sì, “Mistreated”, lenta, pomposa e a mio avviso non male interpretata da un Chris Catena molto enfatico e profondo. Restano tre cover per finire il tutto, ovvero la sufficiente “Starstruck” degli House of Shakira (che potevano fare meglio ma che regalano comunque una discreta rielaborazione del classico dei Rainbow), la particolare “Can’t Let you Go”, che si distingue per un organo davvero pregevole (rovinato in parte dal cantato, non certo il punto forte dei Takara), e l’ancora sufficiente “Soldier of Fortune”, piuttosto fedele all’originale e caratterizzata da un buonissimo cantato (del nostrano Chris Heaven), molto migliore del suonato (il che non sarebbe male se non fosse che il tributo dovrebbe essere di un chitarrista e non di un cantante).
Ascoltate le canzoni e tirando le somme si rimane, come in quasi tutti i tributi non eccellenti, in preda al dubbio. E’ vero che siamo senza dubbio presenti a un prodotto superiore al primo omaggio della Lion Records a Blackmore, è altrettanto vero che ci sono dei lavori degni di nota (I Surrender e Lady of the Lake in primis). E’ però purtroppo lampante che altre cover qui presenti sconsigliano fortemente l’acquisto di questo prodotto, che alla prova del nove, fondamentalmente, si perde nella marea di tribute albums che circolano oggigiorno. Se siete amanti del buon Ritchie potete pure provare a comparlo, in quanto sono certo che “Blackmore’s Castle vol 2” non mancherà di farvi disctutere e si farà apprezzare per alcuni tratti (senza fare ovviamente ingiusti raffronti con le versioni originali), in altro caso direi di lasciar pure perdere l’acquisto e orientarsi su qualcosa di più adatto a voi.
Riccardo “Abbadon” Mezzera
Tracklist :
1) Stormbringer (Domain)
2) Lady of the Lake (Michael Harris)
3) Mary Long (Dogpounds)
4) Burn (Orion Riders)
5) I Surrenders (Daniel Flores and Friends)
6) Kill the King (Baltimoore)
7) All Night Long (Moore/Kloss)
8) Maybe a Leo (Man on Fire)
9) Mistreated (Chris Catena)
10) Starstruck (Shakira)
11) Can’t Let you Go (Takara)
12) Soldier of Fortune (Chris Heaven)