Recensione: Bleed Red

Di Daniele D'Adamo - 16 Agosto 2018 - 10:03
Bleed Red
Etichetta:
Genere: Metalcore 
Anno: 2018
Nazione:
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77

Il metal o meglio l’heavy metal in primis, e il Regno Unito. Un connubio che dura ormai da quarantanni circa, reso celebre dalla nascita, in quelle terre, della NWOBHM.

Dopo questi quarantanni continuano a sorgere, nei vari generi, band dall’altro livello qualitativo per via di una professionalità assoluta, di una dedizione completa alla causa, di un approccio serio e rispettoso delle delicate fattezze di Euterpe.

Fra questi ensemble ci sono i The Five Hundred. Formatisi a Nottingham nel 2014, hanno all’attivo due EP (“Winters”, 2015; “The Veil”, 2017), e il debut-album “Bleed Red”, oggetto della presente recensione.

Sin dai primi secondi dell’opener-track nonché title-track ‘Bleed Red’, si ha la chiara sensazione di avere a che fare con una formazione di lunga esperienza, in grado di proporre un prodotto formalmente perfetto in tutte le sue fasi costruttive. A cominciare dall’esecuzione dei brani. Una percezione che cozza con la circostanza che i Nostri siano, invece, un ensemble giovane e alle prime armi. Con che, chiudendo il cerchio in merito alla naturale predisposizione degli inglesi nella migliore interpretazione del metal.

Una naturalezza che, forse, è la qualità migliore dei The Five Hundred, già in grado, con questo full-length di debutto, di mostrare qualità sia tecniche sia compositive fuori dal comune. E, soprattutto, una freschezza musicale assolutamente in linea con i tempi che corrono, anzi, magari… un po’ avanti. Già, poiché “Bleed Red” è sì un lavoro che si può correttamente inquadrare nel metalcore ma, prima di tutto, nel metal moderno. Come se i The Five Hundred definissero forme e colori del metal della seconda decade del nuovo millennio. Metal e basta. Il discendente diretto dell’heavy metal, insomma.

È bene osservare che tutto quanto sopra è possibile non solo a causa di predisposizioni genetiche note ma anche e soprattutto per via di una competenza tecnica che si pone sulla fascia più alta del panorama metal internazionale. Le linee vocali di Jonathan Woods-Eley, pur non presentando particolari elementi di originalità, sono semplicemente perfette nell’alternanza fra le harsh e le clean vocals e nella loro intersezione con i numerosi cori, come da dettami del metalcore, appunto. I due chitarristi Paul Doughty e Mark Byrnes svolgono un compito che, anch’esso, si rivela immune da critiche negative; essendo, anche, capaci di regalare assoli figli di una grande abilità e di un rilevante senso del gusto. Irreprensibile pure la sezione ritmica, idonea a muovere, con Andy Crawford al basso e Kelsey James alla batteria, il motore che alimenta l’anima del combo britannico.

Buona anche la successione delle canzoni, diverse fra loro per avere un’eterogeneità di ascolto ma legate assieme dal filo conduttore che è lo stile del quintetto. Occorre inoltre sottolineare che “Bleed Red” non è un disco particolarmente melodico. Anzi, escluse le magnifiche ‘Oblivion’ e ‘The Narcissist’, hit dall’eccellente impatto emozionale,  i The Five Hundred pestano duro con costanza e consistenza, lungo il percorso che porta da ‘Bleed Red’ a ‘Circles’. Dando l’idea che mainstream e easy listening siano concetti del tutto avulsi dalla loro filosofia artistica.

Così, pur essendo piacevole in ogni suo anfratto, “Bleed Red” non è un platter a uso e consumo di coloro che amano le produzioni semplici e immediate, orecchiabili e accattivanti. Al contrario, appare un’opera a uso e consumo di chi affronta il discorso musicale con competenza e spirito di riflessione.

In definitiva, l’affidabilità è di casa, qui. Del resto poco importa.

Daniele “dani66” D’Adamo

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