Recensione: Blessed In Hell
I francesi Eve’s Bite vengono fondati nel 2014 dal cantante/chitarrista Olivier Jourget (qui sua intervista) nei pressi di Saint-Etienne. La storia riporta che agli inizi la loro proposta poggiasse su di un hard rock dalle tinte robuste influenzato da band quali Dokken, Motley Crue e Skid Row, principalmente.
Risale al 2015 il loro debutto ufficiale per il tramite di un EP intitolato Dive Into The Vice, prodotto ben accolto dal mercato che ne decreta il sold out nel giro di qualche mese. È del 2017 il successore, Holy Waters, sempre ricomprendete sei pezzi, realizzato in 500 copie presto esaurite.
Il 2018 è l’anno degli scossoni all’interno della line-up: il bassista Béranger e il batterista Robin abbandonano la nave. Vengono rimpiazzati rispettivamente da Nick Crash e Laurent Descours. Alla chitarra si conferma Anthony Coniglio, un membro della prima ora. Olivier Jourget durante il periodo della pandemia e anche successivamente si industria affinché le tracce per l’album di debutto possano essere pronte, cosa che avviene solamente quest’anno per il tramite di Blessed In Hell, licenziato sul mercato dalla M & O Music.
Dodici tracce per poco più di un’ora di musica, accompagnate da un booklet di otto pagine con la copertina curata da Franck “Franx” Perrot contenente tutti i testi, delle foto dei singoli componenti la band dal vivo e una d’insieme in posa.
Non conoscendo per nulla i primi due EP, ipotizzo che con Blessed In Hell i francesi abbiano optato per una leggera ma risoluta sterzata, puntando a un HM quadrato di stampo tradizionale e tradizionalista, mettendosi alle spalle qualche lustrino, retaggio dei riferimenti di inizio carriera, senza però rinnegare le proprie origini.
Il loro debutto è un concentrato di energia metallica senza se e senza ma. Ben suonato e corroborato da quell’ardore giovanile che fa sempre piacere riscontrare in una band all’esordio su full length, nonostante i francesi non siano dei pivellini, vantando già dieci anni di milizia sul groppone. Ma oggidì i tempi di valutazione si sono inevitabilmente dilatati, un decennio è un po’ pochino, dal momento in cui grandi vecchi come Judas Priest e Saxon sono in giro da cinquant’anni e spaccano ancora di brutto.
Olivier Jourget è un cantante di prospettiva che al momento gravita fra la grettezza – che sia benedetta, beninteso! – del primo Dan Beehler (Exciter) e l’irruente eleganza di Sebastian Bach quando militava negli Skid Row. Uno che tira come un disperato, il transalpino, senza risparmiarsi per tutta la durata del disco.
A partire da “Fire Fire Disaster” sino ad arrivare all’ultima “Waiting For The Night” – niente a che spartire con l’omonima dei Sassoni apparsa su Rock The Nations del 1986 – il disco si risolve in un pieno tributo agli anni Ottanta del Metallo omaggiato da quattro musicisti entusiasti, palesemente die hard fan di quel periodo. Potenza abbinata a velocità, mid tempo granitici e molte soluzioni melodiche ad hoc tali da rendere memorabili certuni brani, scritti per destare sfracelli in sede live. Echi di Accept, Iron Maiden e Riot ma soprattutto del trittico citato in apertura di recensione si materializzano lungo l’ascolto senza incappare in nessun filler degno di tale nome, questo incarna Blessed In Hell.
Eve’s Bite: un nome da segnarsi sul taccuino, insieme con quello del cantante Olivier Jourget.
Stefano “Steven Rich” Ricetti