Recensione: Blizzard Beasts
Dopo un capolavoro immortale del calibro di Battles In The North (’95), gli Immortal non si scomposero più di tanto e come se niente fosse (con i Mayhem fuori gioco e con i Darkthorne ormai lontani dai fasti della prima metà del decennio, erano il gruppo di punta del Black norvegese) entrarono in studio per registrare il successore di quel Battles In The North che ha fatto la storia del Black.
Abbath e Demonaz erano consapevoli della loro superiorità e le parole in calce sul retro di “Battles” ancora oggi schiaffeggiano a piene mani tutti i clown che hanno soltanto pensato di poter scansare gli Immortal dal loro trono conquistato capolavoro dopo capolavoro.
In particolare, questo Blizzard Beasts è un disco di una violenza inaudita, nipote per malignità e cattiveria a Pure Holocaust (’93) e figlio del suo straordinario e gelido predecessore.
Le otto canzoni che compongono questo freddissimo pezzo di metallo norvegese scorrono via velocissime causa la breve durata media e si evidenziano ancora una volta per la voce unica e riconoscibilissima di Abbath e i riff scolpiti nel ghiaccio dal grande Demonaz che, dopo quest’album lascierà definitivamente gli Immortal per problemi al braccio.
Il suono generale del disco è tagliente come una lama e ogni singola traccia
profuma di Immortal dall’inizio alla fine: Blizzard Beasts possiede una ritmica sconvolgente e la doppia cassa si fonde con il riff della chitarra per creare Il muro sonoro che è il marchio di fabbrica degli Immortal; la voce di Abbath fornisce come sempre una prova degna di nota: superba verso i due minuti in un magnifico affondo urlato.
L’inizio di Nebular Ravens Winter ha un solo che profuma d’oriente ma a parte questa stranezza la canzone si può inserire senza problemi fra le composizioni più violente del gruppo.
Con le sue improvvise accelerazioni ritmiche, Suns That Sank Below, rappresenta l’episodio più sincopato dell’intero lotto.
Battlefields è un altro esempio di come gli Immortal siano in grado di scrivere buona musica senza annoiare: questa canzone pur non possedendo qualche caratteristica particolare, non sfigura affatto con il materiale che la precede e tanto meno con quello che la segue.
Mountains Of Might è senz’altro la canzone più particolare del disco: un’intro struggente di tastiera ci porta all’inizio vero e proprio della canzone che in tutti i suoi sei minuti e mezzo di durata alterna momenti medio-veloci ad altri di quiete grazie a splendidi e limpidi arpeggi di chitarra su cui la voce di Abbath ci racconta di cime ghiacciate, venti gelidi e neve: più epici che mai.
Alcune parti della successiva Noctambulant rappresentano gli istanti più feroci di tutto il disco: notevole il riff di chitarra presente verso il minuto e quaranta del mai troppo osannato Demonaz.
Winter Of The Ages si evidenzia per il bellissimo testo mentre la musica conferma il potenziale terribile del gruppo di Abbath: violenza a volontà.
E infatti, parlando di violenza, l’ultima traccia è la prova che gli Immortal non temono confronti con nessun altro gruppo: Frostdemonstorm è la song che più di ogni altra canzone urta la sensibilità acustica degli ascoltatori senza però rinunciare ad un momento “pulito” (il secondo di tutto il disco) in cui Demonaz ripete il riff portante senza distorsione; l’agghiacciante urlo conclusivo di Abbath pone il sigillo di chiusura su questo grande disco.
Queste, sono canzoni di una violenza inpensabile e costituiscono un album di purissimo Black Metal made in Norway: è una bomba, ed è una bomba che voi potete far esploere in ogni momento lo vogliate, basta inserirla nel lettore! Per chi ama gli Immortal questo è un acquisto obbligato, per gli altri è solo rumore fastidioso.
Ivano Dell’Orco
Tracklist:
1 – Blizzard Beasts 2:51
2 – Nebular Ravens Winter 4:12
3 – Suns That Sank Below 2:48
4 – Battlefield 3:41
5 – Mountains Of Might 6:39
6 – Noctambulant 2:22
7 – Winter Of The Ages 2:34
8 – Frostdemonstorm 2:52 Total running time: 28:07