Recensione: Bloem
Ci troviamo oggi a parlare dell’ultima fatica del duo Olandese Fluisteraars, sostantivo della terra fiamminga che noi tradurremmo come “sospiri”. I nostri sono sulla scena musicale black da una decina di anni, e l’hanno calcata con merito, mantenendo negli anni ottimi standard qualitativi. L’album in esame riesce ad avere la durata appena sufficiente per levarsi di dosso l’etichetta di EP, essendo di poco eccedente i 30 minuti, durata che sembra perfetta per lo stile delle composizioni, e che invoglia a riascoltare il lavoro per intero. “Bloem”, ovvero “Fiore”, ripercorre l’immagine di un presente da servire alla propria dolce metà, dove ogni corolla mostra il proprio colore ed i propri petali, rimanendo cromaticamente uniforme e gradevole, come un vero mazzo di fiori dovrebbe essere. La struttura dei brani è infatti molto solida e coerente: tutti hanno una prima ed una seconda parte, come se fosse la fase di impollinazione seguita dallo sbocciare dei petali ad essa conseguenti. Questa impostazione comune però non comporta affatto una monotonia compositiva, tutt’altro: ogni traccia ha una sua personalità e dei suoi tratti unici, rendendo quindi il lavoro omogeneo, ma al contempo molto vario e riconoscibile nei suoi tratti. La qualità si mantiene altissima durante tutto l’ascolto, ogni cosa sembra messa nel posto giusto e (ancora più importante) al momento giusto: violini come nel caso di “Vlek” o strumenti a fiato in “Maanruïne”; con la costante presenza del basso che non copre gli altri strumenti, non svolge la funzione di riempitivo, ma arricchisce l’amalgama sonora rendendola più profonda ed avvolgente, svolgendo quindi il suo ruolo perfettamente. Nel quadro generale si distingue in particolar modo “Nasleep”: pezzo monumentale, che nella sua prima parte trascina l’ascoltatore in un oblio sonoro tramite un campionamento di voci struggenti e disperate che stride molto con la copertina amena del disco. Come impostato dall’ossatura del full lenght la seconda parte rallenta, attraversando melodie elegantissime e malinconiche: metafora perfetta della tristezza rassegnata, successiva al dolore vissuto precedentemente nella prima parte della traccia. “Bloem” lascia affascinato l’ascoltatore, come i campi di tulipani sulla sua copertina, che celano all’interno della loro corolla rossa e sgargiante un cuore nero e stupefacente.