Recensione: Blood Alliance
I Power Quest sono una band nata artisticamente nel 2001 per volere del tastierista Steve Williams, ex membro dei Dragonheart
(successivamente ribattezzati Dragonforce). Sono da considerarsi una vera e propria one-man-band, a causa dei repentini cambi di
line-up tra un disco e l’altro, scommessa che nel recente passato è stata vinta, visti i discreti successi degli album pubblicati.
Con Blood Alliance i nostri raggiungono il traguardo del quinto disco, con cinque etichette diverse in dieci anni di attività.
Sono trascorsi tre anni dall’ultimo Master of Illusion e si può dire che di cambiamenti ce ne sono stati parecchi, non solo a
livello di formazione, ma anche dal punto di vista squisitamente artistico: pertanto, fuori Alessio Garavello, Andrea
Martongelli, Francesco Tresca e Steve Scott (l’unico inglese assieme al tastierista Steve Williams) e dentro Andy
Midgley e Gav Owen alle chitarre, Rich Smith, Paul Finnie a comporre la sezione ritmica e Chity Somapala alla voce.
È proprio l’ingresso di quest’ultimo a portare le più grandi innovazioni nell’economia artistica della band, in quanto la sua voce è
totalmente differente da quella dell’ultimo cantante: più calda e ammaliante ma terribilmente limitata dal punto di vista
dell’estensione vocale.
Infatti, il “presunto” difetto danneggia non poco quelle che sono le composizioni più veloci e ad ampio respiro del disco influendo
sulla loro immediatezza. Molto meglio la voce nelle partiture più hard rock, dove la timbrica e la consolidata esperienza esce fuori
alla distanza.
Tornando a Bloody Alliance, possiamo dire senza dubbio che non è un cattivo album ma sicuramente è un passo (forse più di uno)
indietro rispetto al passato, ma soprattutto rispetto al disco precedente.
L’inizio lascia presagire un risultato diverso: assolutamente devastante la prima metà del disco, a partire dall’introduzione
velocissima Battle Stations, continuando con Rising Anew e Glorius, con il suo ritornello gioioso che strizza un
po’ l’occhio ai Freedom Call, finendo con quella che secondo me è la canzone più ispirata e bella del disco Survive.
Con i suoi pregi e i suoi difetti, il disco si fa ascoltare con molto piacere fino a quando improvvisamente Steve Williams decide di
cambiare a sorpresa tutte le carte in tavola: il minutaggio dei singoli pezzi si allunga inesorabilmente, i suoni si fanno più
ovattati e meno chiari, le composizioni in sè, più intricate e meno orecchiabili e tutto questo a discapito della qualità fino ad ora
non entusiasmante, ma discreta.
In questa ultima parte infatti, esce fuori la volontà della band di esplorare territori più progressivi, aumentando smisuratamente la
componente elettronica, con scarso risultato visto che alcune canzoni come l’ostica e confusionaria Crunching the Numbers e la
disarticolata title-track Blood Alliance risultano assolutamente fuori contesto.
In conclusione possiamo dire che il tempo trascorso dall’ultima release ci ha restituito una band ancora troppo confusa nelle idee,
sulle strade da percorrere e sulle certezze su cui appoggiare le proprie basi. Ci vorrebbe un cambio di rotta definitivo e immediato.
Ottavio ”octicus” Pariante
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Tracklist:
1. Battle Stations
2. Rising Anew
3. Glorious
4. Sacrifice
5. Survive
6. Better Days
7. Crunching the Numbers
8. Only in my Dreams
9. Blood Alliance
10. City of Lies
11. Time to burn (Japanese Bonus Track)
Line up:
Chity Somapala- Voce
Gav Owen – Chitarra
Steve Williams – Tastiera
Andy Midgley – Chitarra
Rich Smith – Batteria
Paul Finnie – Basso