Recensione: Blood Moon
I Medieval Steel hanno scritto uno degli inni fra gli inni dell’heavy metal tutto: lo scintillante “Medieval Steel” uscito per la prima volta dentro l’Ep omonimo del 1984. I più taglienti e spietati fra gli appassionati tendono a incasellare il gruppo Usa nel novero di quelli che in carriera hanno scritto un grande, grandissimo pezzo e bon… La stessa sorte dei Survivor di “Eye of the Tyger”, degli Europe di “The Final Countdown” e degli Status Quo di “Whatever You Want”, per intenderci.
Punti di vista.
Opinabili nel caso della band di Bobby Franklin e soci.
Già, perché per mettere a tacere la truppa dei puntuti di cui sopra basta ricordare loro che “Medieval Steel” del 1984 non conteneva solamente “Medieval Steel”, traccia numero uno di quel vinile, ma anche una tripletta niente male – eufemismo – costituita da “Warlords”, “Battle Beyond the Stars” e “Echoes”, tanto da conferire a quel disco dalla copertina minimale a sfondo rosso le stimmate di gioiellino dell’Epic Metal mondiale.
Tutto rose fiori, quindi, per il complesso del Tennessee?
No, per nulla, dal momento che per imprecisati motivi gli Steeler si persero poi per strada, incapaci di raccogliere i frutti di quanto seminato fra cambi di nome e scioglimenti seguiti da ricostituzioni. Certo è che il “treno giusto”, quello targato anni Ottanta, lo persero alla grande.
Come la recente – ma anche un po’ meno – storia del Metallo tradizionale insegna, gli ultimi decenni sono stati contrassegnati dai grandi ritorni, agevolati anche da happening a tema in terra germanica che hanno riacceso la fiamma per più e più compagini.
Fra queste anche i Medieval Steel, tornati insieme in maniera continuativa dal 2012 e capaci di sfornare un paio di album dopo la reunion.
La stretta attualità riporta al terzo loro full length, intitolato Blood Moon e oggetto della recensione, da poco pubblicato dall’etichetta portoghese Lost Realm Records sia in vinile a 33 giri che in Cd. Lo scritto si riferisce a quest’ultima versione, che si accompagna a un libretto di otto pagine con tutti i testi, copertina cimiteriale a opera di Mario Lopez.
A livello di Line-up, dei grandi vecchi vi è il solo Bobby Franklin, cantante e mister Medieval Steel per antonomasia. Ad accompagnarlo Steve Crocker al basso, già nella band nella seconda metà degli anni Ottanta, Jeff Miller alla chitarra e Jake Feld alla batteria.
Approcciare un disco dei Medieval Steel costituisce sempre un’emozione, che porta però con sé in maniera connaturata i timori di incappare in una delusione. Situazione sovrapponibile, per restare in tempi abbastanza recenti, a quella fornita dai nuovi Heavy Load e Tyrant, solo per citare due esempi autorevoli.
Si ha la consapevolezza di avere a che fare con dei mammasantissima dell’Acciaio che però possono scontare dei problemi legati alla troppa ruggine accumulata negli anni.
E, dopo enne attente passate di Blood Moon, quello che accade è proprio quanto preventivato: le radici del suono dei Medieval Steel permangono inattaccabili ma la resa dei vari pezzi risulta altalenante. Bobby Franklin ci sa ancora fare, assolutamente e tiene alta la bandiera del gruppo di Memphis, anche se sarebbe ingiusto attendersi da lui la qualità delle urla espresse sull’Ep del 1984. L’età avanza per tutti.
Sottolineato questo, al netto di qualche brano poco a fuoco, Blood Moon è capace di fornire spunti interessanti per il tramite delle varie “Sword of the King”, “War Cry”, “Eternal Enemy”, che marcano ancora la differenza. L’approccio dei Medieval Steel 2024/2025 è focalizzato sull’heavy metal tout court, non a caso sulla costina dell’immagine posta sotto l’alloggiamento del Cd campeggia la scritta “american power metal”. La componente epica, quindi, tipica del loro essere, risulta in quest’ultimo loro lavoro molto ridimensionata.
Blood Moon è quindi disco onesto, onestissimo, ma portante in seno al proprio suono quell’atavico fascino rugginoso che band come i Medieval Steel, insieme con pochissimi altri, sanno ancora evocare.
Stefano “Steven Rich” Ricetti