Recensione: Blood Of The Nations
Attesissimo, irrompe sul mercato Blood Of The Nations, il disco che sancisce il ritorno dei monumentali Accept, quattordici anni dopo Predator del 1996 e la breve reunion per suonare a dei festival nel 2005. Anticipato da un paio di pezzi già fruibili da qualche tempo, l’album segna il cambio del cantante e si presenta con una copertina particolare, fuori dagli schemi tradizionali, un po’ come accadde in occasione dell’uscita di Balls To The Wall.
Beat The Bastards mette subito le cose in chiaro: gli Accept sono tornati per “fare” quello che sanno “fare” meglio, ossia heavy metal classico purissimo di scuola tedesca, senza divagazioni inutili e controproducenti, spesso spacciate come “evoluzioni musicali” o “ricerca assoluta di nuovi stimoli”. Il riff che porta sulle spalle l’intero brano è forgiato dal solito Wolf Hoffmann, uno che da mo’ sa essere tanto cesellatore quanto fabbro, in base alle esigenze. Dopo venti secondi fra chitarre, basso e batteria è la volta di Mark Tornillo, nuovo singer dei tedeschi e vecchia conoscenza dell’HM mondiale per via dei suoi trascorsi nei TT Quick, autori, fra l’altro, del frizzante e possente Metal Of Honor, anno 1986, un album da scoprire per chi non ne avesse mai sentito parlare. La timbrica di Mark è alla carta vetrata di grana media, e ben si adatta all’impianto Accept. L’incedere del pezzo è maestoso, metallico e diretto, con quel quid in più determinato dal palpabile entusiasmo legato al ritorno sulle scene. Il coro esiste, come da trademark, anche se meno carico di quanto ci si potrebbe attendere, ma c’è sicuramente il tempo per recuperare durante il prosieguo dell’ascolto. All’appello non manca nemmeno il solito assolo arioso di Hoffmann, dalle tinte classicheggianti. Quindi tutti gli ingredienti al posto giusto fin da subito, per i Nostri, con buona pace dei modernisti.
Il secondo brano in scaletta è quel Teutonic Terror che già da settimane circola ufficialmente in rete con tanto di video accompagnatorio pregno di tutti i cliché che buona parte degli Accept fan si aspettavano di trovare. Quindi pesantezza, HM e poi ancora HM nell’anima, nel cuore e nei suoni, graffianti e penetranti grazie all’ottimo lavoro del produttore Andy Sneap, uno che sa quello che vuole ottenere e al quale l’aria inglese del Backstage Studio di certo non ha fatto male. Ritmiche serrate e un Tornillo che “tira” quanto può, per chiudere. The Abyss è un mid tempo della consistenza del Ghiandone Dell’Adamello, dove il singer stupisce per versatilità e mood – la parte melodica poco dopo la metà della durata del pezzo è da orgasmo -, consegnando un altro muro sonoro portante all’interno dell’intelaiatura di Blood Of The Nations, immancabili chorus inclusi.
La title track poggia su schitarrate dosate per poi esplodere fra voci raddoppiate e cori maschi, colpendo quanto basta me senza stupire. Onestamente era davvero difficile continuare sui livelli delle prime tre tracce. Shades Of Death, dall’andamento dark nelle prime battute è una lungo viaggio dal carattere epico e sontuoso all’interno del magico mondo degli Accept, con addirittura degli inserti di carillon che sanno essere ben calibrati senza suonare fuori posto. Locked And Loaded possiede la velocità e la possanza di quel grandissimo pezzo che era ed è Objection Overruled, nient’altro da aggiungere. Kill The Pain è solamente un modo come tanti per dimostrare all’universo quanto possa essere eclettico un singer dedicato alla causa come Mark Tornillo. Fra i passaggi luminosi delle chitarre la voce del singer si ritaglia il Suo giusto spazio dipingendo un passaggio agrodolce da manuale lungo quasi sei minuti. Rollin’ Thunder, come da titolo, costituisce una dose di HM diretta allo stomaco in piena regola senza né ma né se. Sezione ritmica Baltes/Schwarzmann sugli scudi. Il passato paga pegno con Pandemic, il cui riff riporta ai fasti di Flash Rockin’ Man, anno 1982. Stessa sorte nella successiva New World Comin’, figliastra sufficientemente riuscita di quella Princess Of The Dawn che segnò un’epoca, oltre che un album (lo smisurato Restless And Wild).
L’intro oscuro di No Shelter è solo una finzione, poi la coppia di rasoi marchiati Hoffmann/Frank tira la volata a un ispiratissimo Mark Tornillo, per una traccia che pare stata scritta nel 1986, periodo Russian Roulette. Chiude, ancora una volta fra colpi di maglio di marca tedesca, la saltellante Bucketful Of Hate, fornendo quello che la “gente degli Accept” vuole in dosi da cavallo: HM, HM e ancora HM purissimo dalle venature epicheggianti e solenni, come da nota tradizione di origine controllata.
Blood Of The Nations non tradisce le attese e anzi mostra un gruppo che può ancora dare molto alla causa. Complimenti agli Accept che risvegliano il sacro ardore degli anni Ottanta andando a pescare a piene mani da quel periodo aureo e irripetibile per l’HM classico, per Loro e anche per gli altri, senza risultare patetici ma viceversa dandoci dentro con gusto e abilità come degli ossessi fregandosene bellamente della carta d’identità. Il disco, se passato più volte di fila nel lettore Cd con soluzione di continuità, fra una scapocciata e l’altra fa quasi dimenticare di un certo, piccolo, onorevolissimo, intoccabile, immenso uomo di militar vestito nato a Wuppertal nel 1952…
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Line-up:
Wolf Hoffmann – Guitars
Herman Frank – Guitars
Peter Baltes – Bass
Stefan Schwarzmann – Drums
Mark Tornillo – Vocals
Tracklist:
1. Beat the Bastards
2. Teutonic Terror
3. The Abyss
4. Blood of the Nations
5. Shades of Death
6. Locked and Loaded
7. Kill the Pain
8. Rollin’ Thunder
9. Pandemic
10. New World Comin’
11. No Shelter
12. Bucketful of Hate