Recensione: Blood on Canvas

Di Andrea Bacigalupo - 25 Aprile 2024 - 8:30
Blood on Canvas
Band: Darkness
Etichetta: Massacre Records
Genere: Thrash 
Anno: 2024
Nazione:
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78

Abbiamo riassunto la storia dei tedeschi Darkness nei loro due ultimi lavori: l’EP ‘Over and Out’ del 2020 ed il precedente Full-Length ‘First Class Violence’ del 2018, dei quali potete leggere le recensioni rispettivamente qui e qui.

Parliamo, dunque, di questo nuovo album: ‘Blood on Canvas’, disponibile dal 26 aprile 2024 via Massacre Records.

A livello di lineup, dei Darkness originali, quelli di ‘Death Squad’ per intenderci, rimangono il batterista Andreas ‘Lacky’ Lakaw ed il chitarrista Arnd Klimk. Poi, come novità, c’è la fuoriuscita del chitarrista Meik Heitkamp, sostituito da Dominik Rothe (Taskforce Toxicator, ex Marauder ed altri ancora), che però non ha partecipato alle registrazioni dell’album.

Rimangono invariate le posizioni dietro al microfono (Oliver Weinberg, presente dal 2015) ed al basso (Ben Billar, entrato nel 2018).

Per il resto, ‘Blood on Canvas’ è un puro disco Darkness: Thrash Metal di autentica matrice germanica, di quelli che “non le manda a dire” a nessuno.

Violento, nero e carico d’odio, la cattiveria gronda dai solchi attraverso un sound corposo, massiccio e schietto, con una voce letalmente velenosa ed una ritmica affilata come un rasoio che viaggia velocissima arroventando l’aria fino a farla fumare.

La band di Essen non ha mai inventato niente, agli inizi è riuscita a piazzarsi dietro la Triade (Destruction, Sodom e Kreator per chi è arrivato ora da Marte) esprimendo un Thrash crudo privo di novità che, però, piaceva soprattutto perché onesto ed istintivo e lì, nonostante gli alti e bassi, la sfiga e l’immensa concorrenza, è dove si trova ancora (… mica poco! … direte).

Gli anni passano: ‘Blood on Cavans’ è sempre carico di un buon temperamento, ma qui è l’esperienza che comanda, che fa tirare fuori un suono che fa immaginare all’ascoltatore di trovarsi dentro una fumosa fonderia della Ruhr, illuminata solo dal bagliore rosso del ferro fuso che cola incandescente.

Trattasi, in definitiva, di 9 belle canzoni, dal gran tiro e martellanti, di cui alcune anche dotate di una certa orecchiabilità (elemento che, per i Darkness, non è proprio scontato).

La band cerca varietà ma non commette l’errore di saltare di palo in frasca, dando vita ad una scaletta piacevolmente legata come il racconto di una storia.

Tanto per fare qualche esempio seguendo la tracklist: l’iperveloce ‘Wake Up in a Rage’ è furia allo stato puro, la successiva ‘A Couple of Kills’ è più insistente, con una ritmica Punk portata all’eccesso, ‘Night in Turmoil’ unisce tratti tribali con linee epiche ed ha un’andatura meno sfrenata e ‘Human Flesh Wasted’, che è uno dei brani di punta, ha un inizio quasi romantico che poi frana piombando velocemente nel buio.

Altro brano sopra le righe è ‘Thruth Is a Whore’, con un bel riff che sta a metà tra i Judas Priest e gli Accept, rivelando le influenze dei musicisti.

Da segnalare che la Title-Track, che chiude il disco con una bella serie di detonazioni, è il pezzo più lungo scritto finora dai Darkness (8,21 minuti), superando di circa 45 secondi la durata della bellissima ‘Burial At Sea’ da ‘Death Squad’ (7,36 minuti).

Concludendo, ‘Blood on Canvas’ è un disco ‘vero’, che mette in risalto una band che sa il fatto suo, che non ridonda su sé stessa, ma che vuole continuare a crescere; come ho già detto anche per altri che non sono più giovanissimi: vecchi leoni che continuano a ruggire per difendere il proprio territorio.

Assolutamente da non perdere.

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