Recensione: Blood On Ice
Blood On Ice è metallo epico, cupo, evocativo, l’essenza del Viking Metal. La musica di questo disco evoca un’atmosfera drammatica e oppressiva, a volte estenuante.
Blood On Ice è una perla preziosa, concessa ai fan dopo una serie di vicissitudini. Chi conosce i Bathory, sa che agli inizi esordirono come band legata a temi satanici, e che i loro primi album, Bathory e The Return li marchiarono come ‘band satanista svedese’. Quorthon, fondatore e leader della band, nel booklet del cd racconta l’interessante storia dell’evoluzione dei temi trattati dai Bathory, e i motivi di coerenza che lo portarono ad abbandonare i temi satanici per passare a testi che pescassero nella ricchissima tradizione epico – storico – leggendaria delle sue terre.
Quorthon, maturando in età e in cultura, conscio del fatto che il cristianesimo fosse stato la causa dell’abbandono e dell’oblio delle antichissime tradizione ‘pagane’ delle genti del nord, comprese che porsi come satanista non era che un errore nell’errore, un vizio di forma. Invece che avversare il ‘nemico’ cristiano, sfruttarne a propria volta testi e tradizioni cristiane contribuiva a rafforzarlo. Quindi ecco perchè il passaggio della band svedese alle tematiche ‘vichinghe’ e ‘pagane’ si può vedere come una maturazione, un cammino verso la coerenza e l’affermazione delle tradizioni delle terre natie. Lo stesso cammino che intraprese colui che è conosciuto come il creatore del Black Metal, ossia Varg Vikerness, corpo mente e anima dei Burzum.
Blood On Ice è un album a tema, ispirato alle tradizioni vichinghe e sassoni e alle opere eterne del sommo compositore Richard Wagner. Blood On Ice è anche il nome della prima song, e del protagonista di questa saga nordica, un ragazzo decenne scampato alla distruzione del suo villaggio, che affronta una crescita spirituale e marziale, vivendo 15 anni con l’immagine dei genitori morti impressa negli occhi. Ad aiutarlo a prepararsi per affrontare la vendetta, sarà un vecchio con un solo occhio, che lo metterà a parte delle profezie che lo riguardano, e delle divintà che lo proteggeranno. Blood On Ice cavalcherà Sleipner, lo stallone con otto zampe di Odino, e brandirà Notung, la spada di Sigfrido, e sarà accompagnato da Hugin e Munin, i due corvi del Padre degli Dei.
L’album è stato registrato tra l’88 e l’89, e completato nel 95. Rimandato di anno in anno, richiesto a granvoce dai fan con migliaia di lettere, per un motivo o per l’altro il rilascio è stato ritardato fino al 96. Le prime registrazioni sono avvenuto nel garage di Quorthon, in una situazione a dir poco improvvisata, con strumentazione che risaliva alla fine degli anni 70 e tanta, tanta fantasia.
Tutte le canzoni hanno un’equalizzazione molto cupa, che io personalmente amo definire ‘black metal’. La produzione audio è di livello scarso, a volte indecente, se non addirittura tragicomica.. Per tutte, basti citare Man of Iron, una ballata stupenda, che inizia con un arpeggio accompagnato dal rumore dell’accensione un tagliaerbe(!!!) che il vicino di Quorthon stava usando per regolare il giardino!
Ma, nonostante ogni avversità finanziaria, strutturale, organizzativa, nonostante la produzione stentata e i suoni che in certe song sono addirittura gracchianti, nonostante l’inglese non sempre azzeccato e la voce a volte avventurosamente fuori luogo, nonostante il sound anni 80, nonostante tutto… Blood On Ice è un CAPOLAVORO!
Canzoni come l’evocativa Man of Iron, la maestosa e tragica The Woodwoman, la sognante e avvincente The Lake, la travolgente God of Thunder of Wind and of Rain sono degne di entrare nella storia del metallo epico. Le altre song sono ottime e azzeccate, l’intro è inutile. É stata molto particolare e piacevole la scelta di riprendere la song iniziale, Blood On Ice, cambiarle i testi e completarla da 4 minuti di finale, creando così The Return of Blood On Ice. L’opera, in questo modo, acquista un senso di unità, prendendo a prestito un sistema utilizzato spesso nelle opere liriche, come per esempio i Carmina Burana di Orff.
L’unica song leggermente sotto tono è One Eyed Old Man, che è poco originale e pare risentire troppo dell’influenza di song come la manowariana Bloof of my Enemies.
Come ciliegina sulla torta, la saga di Blood On Ice è ben scritta, anche se ovviamente deve molto a libri come Conan il Barbaro e le già citate opere wagneriane.
In conclusione, di fronte ad un’opera tanto maestosa sarei tentare di affibbiare un bel 100, ma purtroppo mi trovo costretto ad abbassare a 95 per via della produzione veramente indegna.
Compratelo,e giudicate da voi, se vi piace l’epic metal vero, duro e potente, questo è il vostro disco.
Se invece vi piacciono le canzonette cosiddette epiche, tutte fronzoli, urletti e orchestrine, compratevi questo e redimetevi!
Tracklist:
- Intro
- Blood On Ice
- Man Of Iron
- One Eyed Old Man
- The Sword
- The Stallion
- The Woodwoman
- The Lake
- Gods Of Thunder Of Wind And Of Rain
- The Ravens
- The Revenge Of Blood On Ice