Recensione: Blood Upon the Face of Creation
Un cd perlopiù nero, con scritte in caratteri gotici ed un tale logo non può far altro che celare del black metal, questo è chiaro. Gli autori sono i Grimfaug, band belga formata da una coppia assatanata che risponde ai nomi di Trygh, che si occupa delle percussioni e del “cantato”, e Norgaath che invece segue basso, chitarra ad anch’esso le voci; nel booklet compare anche un terzo figuro di nome Mork, riportato come autore dei testi ma del quale non si hanno immagini.
Perché non liquidare questo disco dicendo che è la solita minestraccia riscaldata, l’ennesimo marasma pseudo norse fine a se stesso, prodotto in maniera quasi casareccia del quale ormai non se ne può più? Sì è vero, Blood Upon the Face of Creation è tutto questo (o quasi) ma va bene così, visto che si tratta di un lavoro strettamente dedicato ai cultori della fiamma nera, ai quali fa sempre piacere lanciarsi in 37 minuti di questo tipo. Si potrebbe anche chiudere qui la recensione, basterebbe aggiungere che oltre che essere estremamente putrido e grezzo, questo esordio ufficiale è anche velocissimo e spoglio di finezze, ma sarebbe ingiusto data la genuinità e la sacrosanta dedizione del combo belga.
E allora via, si parte! Una volta alzato il volume a dovere (la produzione è nitida ma latita un pò il livello dell’audio), basta attendere qualche secondo a base di rumori oscuri ed irrompe la violentissima “Grim”. D’ora in poi sarà soltanto marcio e puzzolente black metal, terribilmente old style da dar quasi fastidio (in senso buono), talmente fedele alla tradizione nordica da far ripensare a quegli anni nei quali uscivano pezzi di storia come A blaze in the northern sky oppure D.M.D.S. dei Mayhem (con le dovute proporzioni ovviamente). Ogni song è una sfuriata senza freno, pezzi tiratissimi incentrati su un unico riff o su un massimo di due idee reiterate ad una velocità forsennata e ritmate dal drumming senza tregua. Feeling nero a profusione, tanta malevolenza e perfidia nello scream basso e malsano che vomita le liriche in frangenti al limite del recitato come nel ritornello di “I am Hell…”. Di norma si procede nell’ascolto a testa bassa, con qualche stop per alzare lo sguardo per poi tuffarsi di nuovo a capofitto (“From my Darkened Soul” o “Nacht und Nebe”), un paio di assoli schizoidi e fuori controllo (quelli in “Grim” ed “Distant Cries from the Black Void”) ed alcuni passaggi sulfurei a terminare una song ed aprirne un’altra. Insomma un treno in corsa, sano (anzi malsano) black metal, che non ammette ibridi o contaminazioni come si confà in questi casi.
Nel 2004 c’è ancora bisogno di un disco così? Nel 2004 ha senso mettere sul mercato un lavoro di questo tipo? Non sarà indispensabile ma è sempre gradito.
Tracklist:
01. Grim
02. Circadian Madness
03. From my Darkened Soul
04. Nacht Und Nebel
05. Opus To The Dark
06. Abyssmal Essence
07. I Am Hell…
08. Distant Cries from the Black Void