Recensione: Bloodlights

Di Fabio Vellata - 23 Gennaio 2008 - 0:00
Bloodlights
Band: Bloodlights
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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62


Sciolti i Gluecifer, gloriosa hard rock band scandinava, ecco farsi sotto i Bloodlights, nuovo progetto eruttato dalla mente del simpatico e vulcanico Captain Poon, discreto chitarrista, per la prima volta nelle vesti assolute di frontman e leader di un gruppo.

Prodotto da Phil Caivano dei Monster Magnet e dal leggendario Mike Fraser (nel suo curriculum nomi illustri come Aerosmith, AC/DC e Rush) “Bloodlights” è un concentrato, iper-vitaminico, di hard rock, misto a truce ed arrembante punk, racchiuso in una cornice di tonalità settantiane, il tutto servito con la semplicità e la schiettezza di chi sa di non essere inventore di alcunché e si offre senza troppe pretese al giudizio del pubblico.

Nulla di particolarmente eclatante dunque.
Una manciata di canzoni veloci e d’impatto – dal songwriting molto essenziale e disadorno – che vanno ad inserirsi in un insieme di medio valore, laddove gli sforzi profusi danno luogo ad alcune belle trovate melodiche, fiaccate però talvolta, da alcuni elementi, invero, di basso profilo e decisamente rivedibili, come la voce dello stesso Captain Poon, certamente non delle migliori in merito ad espressività e “calore”, e qualche passaggio a vuoto, dovuto ad una qualità compositiva a volte banale e sin troppo semplificata.

Dal contesto altalenante sin qui descritto, emerge comunque un nucleo di brani che, tutto sommato e ad ogni buon conto, sa divertire e rendersi di piacevolissima e robusta compagnia.
“Where The Stars Don’t Shine”, ritornello centrato in pieno, “Addiction”, incedere incendiario e dinamitardo, “Hammer And The Wheel”, frammento punk n’roll a cui mancano solo le strascicate vocals di Lemmy per divenire un pezzo dei Motorhead, “Easy Target”, sciocca, quanto coinvolgente e “Bald And Outrageous”, molto vicina ai sapori settantiani in auge nei “compari” Monster Magnet, sono validi motivi per tentare almeno un approccio ad un disco che non ha nulla di rivoluzionario o elitario, ma sa offrire, se non altro, qualche attimo di gustoso intrattenimento.

Nulla da riferire in merito a tecnica e virtuosismi, ultimi tra i pensieri passati nella mente di Poon e co., è impossibile non sottolineare la maiuscola produzione ad opera del già citato Fraser, una sicurezza a qualsiasi latitudine, così come vanno ben rimarcate le discrete doti in sede di stesura delle liriche del leader e mastermind del progetto, molto lontane dai soliti luoghi comuni spesso scelti dalla gran parte delle rock n’roll bands.

Insomma, tirando le somme, un commento facile e diretto proprio come l’album esaminato.

A sfavore: songwriting elementare, voce non eccelsa e qualche passaggio a vuoto.
A favore: schiettezza, alcuni brani divertenti, testi non banali ed ottima produzione.

Certi che Captain Poon saprà affinare il valore della proposta e sicuri che in circolazione esiste ben di peggio, non possiamo far altro che reputare gli elementi in nostro possesso sufficienti per una promozione, non da primi della classe ma comunque di buon riguardo.

Tracklist:

01. Where The Stars Don’t Shine
02. Bloodlights
03. Addiction
04. Bullshit On Your Mind
05. One Eye Open
06. Hammer And The Wheel
07. Rain On A Sunny Day
08. Screwing Yourself
09. Easy Target
10. Against The Flow
11. Bald And Outrageous
12. Over When I’m Done

Line Up:

Captain Poon – Voce / Chitarra
Ron Elly – Basso
Howie B. – Chitarra
Nico Von Shafer – Batteria

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62