Recensione: Bloodline
Attorno al contenuto di Bloodline c’è un po’ di confusione che merita una ricostruzione: inizialmente registrato nel 1997 per essere edito, nei suoi nove undicesimi attuali, come secondo full lenght della band, venne tenuto da parte fino al 2000, anno di pubblicazione del doppio LP Bloodline/His Majesty. Arriva il 2005 e la Sound Riot Records decide di riproporre in CD i pezzi di Bloodline accostandoli al materiale, anch’esso già edito nel 1998, dell’EP Tormentor.
Sull’opportunità di ripubblicare del materiale già in commercio ho spesso dei dubbi, sempre che non si tratti di vere gemme perdute nel tempo. Nel caso specifico, posso azzardare che la casa discografica abbia pensato che Bloodline meritasse lo sforzo di un ripescaggio e la maggiore visibilità del compact disk, formato più smerciabile. Ma era proprio necessario?
Bloodline è cupo ed ossessivo, dalle linee caratterizzanti marcate come molte delle sue ritmiche strutturate e incalzanti, strano in alcuni casi, pronto a giocare con sporadiche influenze extra black e quasi rock come in “Bloodline” o “Terrordemon”.
Una nota di merito per il disco potrebbe derivare dal suo essere una sorta di tuffo nel passato, in quanto originariamente registrato e mixato ai Sunlight Studios nel 1997 e poi masterizzato nel 2005. Il risultato è chiaramente distante dalla precisione millimetrica del “tutto digitale” odierno, ma a suo modo efficace e per nulla censurabile: suoni chiari, leggermente “ovattati” ma anche per questo d’impatto, voce in vago secondo piano rispetto al livello teorico a cui dovrebbe ambire e drumming carico, pronto a forzare con energia le ritmiche.
Malgrado alcuni lati positivi, ho fatto fatica ad appassionarmi a Bloodline, stimolante a fasi alterne e marcato da uno stile forte ma pure invadente, con la tendenza a prevalere sulle singole idee e con il quale non sono riuscito a scendere a compromessi. Se la prima parte lascia aperta qualche porta con le intuizioni di “Upon The Throne” e “From Haunted Depth”, per il sottoscritto il nono brano (“Waves Of Eternal Darkness”) chiude definitivamente il disco dopo episodi validi ma non eccezionali, lasciandoci nelle mani di pochi minuti ovattati ed atmosferici che ho apprezzato molto, malgrado si tratti di una fugace apparizione.
Come anticipato, il “regalo” di due bonus track tratte dal già citato EP, non fa guadagnare nulla di fondamentale a Bloodline: “Goat Throne” e “Throne Of The Antichrist” sono due track fracassone e fracassate da una produzione pessima, estremamente “raw” ma non per questo gradevoli. Di loro, mi è più facile ricordare la difficoltà oggettiva nel separare i lati positivi dall’effetto cacofonico d’insieme, in un’equalizzazione rozza ed approssimativa per il sottoscritto indigesta.
Non penso a quest’idea discografica come a una proposta imprescindibile, ma almeno da sperimentare sì, perché mostra gli Svartsyn sotto un’ottica d’annata, quella di una band con in tasca un disco tutt’altro che banale, anzi, efficacemente costruito e per nulla scontato nelle ritmiche e nei cambi di tempo che non mancano di dare ulteriori fasi ai brani.
In attesa di qualcosa di inedito, prendiamo per buona questa raccolta di brani datati, che mi lasciano dubbioso sia musicalmente, che sull’opportunità di rinfrescarne la memoria rispolverando la vecchia fotografia di una band ancora in attività.
Tracklist:
01. Terrordemon
02. Bloodline
03. Vampyric Sleep
04. Upon The Throne
05. Great Mysteries Of Death
06. Starcursed And Dead
07. From Haunted Depths
08. Witches Dance For Satan
09. Waves Of Eternal Darkness
10. Goat Throne (Bonus Track)
11. Throne Of The Antichrist (Bonus Track)