Recensione: Bloodlines
Ad inizio anni 90, c’entra una rivista che si chiamava semplicemente “Metal“, un nome un po’ anonimo ma che per molti di quelli della mia generazione è stata un punto di riferimento. La rivista in questione non riportava news, articoli o recensioni ma, ad ogni uscita proponeva un CD od una musicassetta di una determinata band con allegato un fascicolo con la storia della stessa. Ora immaginate in quegli anni (1992 circa): già parlare di CD masterizzati pareva ancora fantascienza…download gratuito e Spotify poi erano fuori da ogni concezione umana, e l’aver a disposizione tutta la musica del mondo a portata di click come oggi sembrava veramente roba da romanzo di Jules Verne. La nostra rete di file sharing all’epoca era costituita dall’avere un amico che ti dupplicasse una musicassetta del disco desiderato. Oppure andare direttamente noi a comprarci l’album originale (sempre trovando il negozio che lo avesse a disposizione)
Quindi la suddetta uscita era, per me, come molti altri metaheads di allora, l’occasione per incrementare la mia discografia che in quegli anni cominciava a prendere consistenza. Fu grazie a quest’appuntamento in edicola che, oltre a procurarmi qualche classico, conobbi nomi a me quella volta ancora sconosciuti….come i Raven, i Nuclear Assault, i Savatage del mai troppo compianto Criss Oliva, ed un gruppo inglese dal nome un po’ bizzarro: i Tygers Of Pan Tang. Formazione che, anche se per me ancora nuova, era stata fra quelle più rappresentative per la nascita della nwobhm. Il disco abbinato era The Wreck-Age, un album non molto fortunato per i cinque inglesi a dire la verità. Infatti, pur essendo un prodotto di buona fattura, presentava delle sonorità hard rock melodiche a tratti vicine al AOR che a quel tempo non furono apprezzate da molti fans. Il disco in questione stimolò comunque il mio interesse per quella band tanto da andare a cercarmi anche i loro lavori di maggior successo. Ovviamente fu un’impresa un po’ ardua visto che i Tygers Of Pan Tang all’epoca erano sciolti già da qualche anno e le loro uscite risultavano spesso fuori catalogo.
Poi, grazie all’iniziativa del fondatore Robb Weir nel 1999 i Tygers Of Pan Tang si riformano, contribuendo a far ristampare i loro vecchi lavori ai quali col tempo, sono andati ad aggiungersi dei nuovi capitoli. Le tigri alla fine ruggiscono ancora, e lo fanno con accento toscano, visto che dal 2004 troviamo dietro al microfono il fiorentino Jacopo Meille.
Eccoci così ai giorni nostri, a parlare ancora delle tigri di Whitley Bay, e l’occasione viene data dall’uscita del loro nuovo album Bloodlines. Edito dalla danese Mighty Music, per quest’ultimo lavoro vediamo in formazione oltre al chitarrista Robb Weir e Jacopo Meille, Craig Ellis che siede alla batteria ormai dal 2000, ed il nuovo arrivato Huw Holding al basso. Inoltre dal 2020, i Tygers possono contare anche sulla chitarra di Francesco Marras, un altro nostro connazionale che dopo essersi messo in mostra con gli Screaming Shadow approda ora alla corte della storica formazione britannica.
Tornando al nuovo Bloodlines, con questa nuova fatica, Weir e soci, siglano il tredicesimo lavoro in studio, con cui la formazione inglese (o potremmo anche azzardare anglo-italiana) continua a portare avanti il vessillo della nwobhm di cui all’epoca sono stati fra i principali pionieri.
Determinati come la tigre che stanzia minacciosa sulla nuova copertina rosso sangue, la band apre le danze di Bloodlines con Edge Of The World, un brano dei sapori orientaleggianti e dall’incedere solenne. In My Blood si presenta come un mid tempo graffiante scandito dal suono massiccio della chitarra. Fire On The Horizon rimanda la band alle loro radici nwobhm mentre il riff sincopato di Light Of Hope affascina imprimendosi a fuoco nelle orecchie.
Il disco viaggia in equilibrio tra heavy metal d’annata e hard rock, dove le due chitarre si sbizzarriscono a macinare riff ed assoli. Notevole la prova di Marras, che si dimostra un buon compagno per Weir nel ricoprire il ruolo che anni orsono fu affidato ad un artista della portata di John Sykes. Jacopo Meille dal canto suo si conferma un arma vincente. La voce del cantante toscano, che a tratti ricorda quella di Joey Tempest, è ormai diventata un segno distintivo della band. Inoltre con Bloodlines, Meille raggiunge quota cinque album con i Tygers Of Pan Tang, eguagliando la cifra di quelli realizzati dallo storico ex front-man Jon Deverill.
Procedendo nell’ascolto approdiamo a Taste Of Love, una ballata con un pianoforte in evidenza nel dare man forte agli altri strumenti. Sfumata quest’ultima traccia le tigri riprendono a macinare altro rovente metal rock.
Non mancano però un paio di brani un po’ sottotono, non brutti, ma che possiamo catalogare come dei filler, come ad esempio Back For Good, che non dice niente di particolarmente interessante. Kiss The Sky invece, dopo un inizio a pieni giri viene appiattita da un ritornello buttato lì forse in maniera troppo frettolosa. Peccato, perché con quel riff dal sapore Saxon si stava profilando come un bel brano scoppiettante.
Fortunatamente il disco riprende quota con Believe, un tempo medio dall’attitudine marziale dove i Tygers Of Pan Tang provano a sfoggiare dei suoni di chitarra più moderni. Bene anche A New Heartbeat, un piacevole metal con cui i nostri sprizzano altre scintille. Chiude questo lotto di canzoni Making All The Rules, un’apprezzabile ballad malinconica dal retrogusto blues.
Tutto sommato un buon lavoro possiamo dire di Bloodlines. Un disco genuino che anche senza essere una pietra miliare si piazza in una posizione più che dignitosa nella discografia dei Tygers Of Pan Tang. Un heavy metal vecchia scuola con cui i nostri possono continuare a guardare fiduciosi al futuro.
Chissà se nel 81, quando cantavano A Story So Far avrebbero immaginato che anche la loro di storia sarebbe arrivata così lontano fino ai giorni nostri…
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