Recensione: Bloodmoon
All’interno del bailamme delle uscite legate alla riproposizione delle sonorità della vecchia e immarcescibile scena heavy metal degli anni Ottanta Bloodmoon dei tedeschi Kerrigan riesce a suscitare più di una sensazione positiva.
Rileggere la grande lezione dei colossi del passato è opera delicatissima nonché pericolosa, semplicemente per un motivo: l’ascoltatore tenderà sempre a rivalutare gli originali, nei confronti dei vari e numerosi cloni di recente o meno costituzione. Beninteso: costituisce autentica manna dal cielo il fatto che esistano gruppi osannanti i vari Saxon, Judas Priest, Accept, Manowar, Running Wild, solo per enumerarne cinque fra i più eminenti, altrimenti un giorno o l’altro – speriamo il più in là possibile – chi raccoglierà il loro testimone?
Certificato quanto sopra, esiste poi modo e modo per tributare i pionieri.
E i Kerrigan ci riescono bene, lungo le otto tracce di Bloodmoon, Cd licenziato sul mercato dalla High Roller Records che si accompagna a un libretto di dodici pagine con tutti i testi e molte foto della band a sfondo rosso, in linea con la copertina. In aggiunta un poster 24 x 24 centimetri con l’immagine estesa della cover: la luna sanguinolenta sullo sfondo di una valle dalla vegetazione ostile.
La storia dei Kerrigan comincia intorno al 2019 in quel del Baden Württemberg sulla spinta di due amici: Bruno Schotten (chitarra e basso) e Jonas Weber (voce e chitarra), già componenti del gruppo Funeral Doom Lone Wanderer. L’amore per l’Acciaio tradizionale fa il resto, il loro demo digitale Heavy Metal 2020 fa il botto tanto che viene successivamente riproposto in musicassetta e in vinile a tiratura limitata da parte della Fucking Kill Records.
Reclutato Jonathan Döring alla batteria il gioco è fatto: il gruppo si compatta e di buzzo buono compone i pezzi che andranno a popolare i solchi di Bloodmoon, oggetto della recensione.
L’allure epico della voce di Weber costituisce quel plus in grado di siglare la differenza nei confronti della concorrenza, ma dalla parte dei Teteschi di Cermania vi sono anche i pezzi, che scorrono facilmente, grazie a una freschezza naturale, patrimonio di poche giovani band die hard contemporanee.
L’heavy metal scodellato dai Kerrigan si compone di una marcata quota parte melodica, ma quando c’è da menare non si tirano di certo indietro, con risultati degni di menzione. “Eternal Fire” è fortemente debitrice dei Tierra Santa più massicci, “Bloodmoon”, la title track, segna l’highlight assoluto del disco per via del perfetto bilanciamento fra l’energia e le parti più orecchiabili, la velocità trova sublimazione dentro “Force Of Night” e “Pull The Trigger”. Si chiude sulle note di “Mesmerizer”, l’archetipo dei tre teutonici.
Bloodmoon non cambierà le sorti dell’HM del prossimo decennio, ma senz’ombra di dubbio andrà ad incasellarsi fra quegli album che varrà la pena citare riguardo un gruppo, i Kerrigan, che se riuscirà a dar continuità al proprio lavoro, ci ritroveremo fra qualche anno nei posti giusti delle scalette dei festival che contano.
Stefano “Steven Rich” Ricetti