Recensione: Bloodthrone
Incredibile band nata nella città di Cyrano, i Minushuman tirano fuori dal cilindro un album – il secondo della loro carriera – altrettanto incredibile: “Bloodthrone”.
Formatisi nel 2007, i francesi hanno bruciato le tappe incidendo subito il full-length di debutto, “Watch The World Die” (autoprodotto) e, quindi, stipulando il contratto discografico con la Season Of Mist. Fatto che non deve sorprendere, questo, poiché i cinque transalpini sono musicisti d’esperienza: Cédric Moïse (ex-Dark Poetry), Thomas Billerey (ex-Athanor, ex-Dark Poetry), Lionel Bouyroux, Mickaël Desmari (ex-Dark Poetry) e Gaspard Jeanty-Ruard (ex-Athanor, ex-Mind Whispers, ex-Dark Poetry) sono nomi da segnare sul proprio taccuino. Oltre a essere rodati, i Nostri hanno dalla loro, difatti, anche la principale caratteristica che contraddistingue i Grandi: il talento musicale. Non si spiegherebbe in altro modo, appunto, la clamorosa qualità complessiva di “Bloodthrone”, candidato per essere uno dei top-album del 2011.
I Minushuman suonano una micidiale miscela di sludge, metalcore e post-thrash dai contorni originali e ricchi di frastagliature. Il loro sound è solo apparentemente caotico ma in realtà esso è lineare, potentissimo, ricco di contaminazioni extra-metal (grunge), perfettamente coeso entro una forma ben definita, immune da indecisioni e tentennamenti stilistici. Ogni nota di “Bloodthrone”, non a caso, è marchiata indelebilmente da un unico marchio di fabbrica: ‘Minushuman’, appunto. Enorme, inoltre, la visionarietà della musica elaborata dagli uomini di Bergerac. Musica che ha per Musa ispiratrice l’Oceano con le sue sterminate, infinite distese acquee in eterno movimento: quello del ritmico danzare delle onde, solitarie manifestazioni energetiche in un Mondo sì bidimensionale, tuttavia profondo come i moti dell’anima. Questa sensazione di vertigine agorofobica si riflette come in uno specchio, nelle scale musicali del disco; provocando emozioni e sensazioni anche contrastanti fra loro come malinconia, aggressività, dolcezza, ansia e libertà. Accanto alle ruvide ma formidabilmente melodiche linee vocali di Moïse, Billerey e Bouyroux danno vita a un epico guitarwork, trascinante e veemente, che lambisce le più nascoste pieghe dell’Universo nascosto nell’animo umano. Il focoso e avvolgente drumming di Jeanty-Ruard, inoltre, è completato nella sua motricità dai morbidi, pieni e possenti impulsi del basso di Desmarie. Pur possedendo ciascuno un’univoca identità, Moïse e compagni si fondono impeccabilmente in un amalgama dai caleidoscopici riflessi non perdendo mai, neppure per un attimo, la ferma concretizzazione del proprio sound.
“Forgotten Fields”. Da segnare, a perenne memoria sul solito taccuino, anche questa canzone. Vetta d’incommensurabile bellezza, è la summa di tutte le peculiarità di cui deve essere forgiato il Capolavoro. L’accordo portante di chitarra è clamorosamente semplice, clamorosamente geniale. Il ritmo, languido e trascinante, trasporta lontano, chissà dove. Forse, dove nascono i sogni. L’incedere drammatico dei riff, assieme alle harsh vocals del cantante, sfugge a ogni tentativo di contenimento emotivo: come i gabbiani, il pensiero fugge via, con il sale del mare. E così anche gli altri brani. Forse non si raggiunge l’esosfera come nel caso di “Forgotten Fields”, ma “The Architect” e tutte le altre non hanno nulla da invidiare a nessuno, in quanto a qualità del songwriting. Non c’è alcun riempimento, cioè: i cinquanta minuti di “Bloodthrone” non hanno nemmeno un secondo di cedimento, di discontinuità. Stupenda a tutto tondo, per esempio, “The Size Of An Ocean”, con il suo travolgente passo veloce, ricca di lisergici intarsi, intrisa dalle epiche campionature di tastiera e dal disperato canto del bravissimo Moïse; come stupendo è il groove’n’roll di “Evolve”, possente sferzata metal straordinariamente lirica e melodica. “The Day We Died”, poi, non è certo da meno in quanto ad accattivante esplosività – non per altro è stata scelta come colonna sonora del video promozionale di questo magnifico platter. “Three Mile Island” scorre via sciolta come una criniera al vento mentre “Godspeed” rivela ancora – dopo “The Size Of An Ocean” – la capacità dell’ensemble dell’Aquitania di sfumare con abilità le acide atmosfere dello sludge. “Another All”, l’episodio più dirompente del lavoro, sommerge ogni cosa come un’onda di marea. La title-track, dall’immenso main riff, è un’altra chicca da gustare con calma e concentrazione. La strumentale “Kill Me”, in chiusura, si avvicina con la sua indole triste, più delle altre song, all’epopea del grunge.
È da evidenziare, infine, la notevole longevità delle composizioni, così ‘belle’ da invogliarne l’ascolto a ripetizione.
Se si dovesse prendere un complesso da indicare quale metro di paragone per definire il metal moderno al di fuori delle sterili classificazioni, Minushuman sarebbe il nome giusto, e “Bloodthrone” il compact disc di riferimento. E in questa sintesi è insito, automaticamente, anche il giudizio complessivo dell’opera: sopraffina!
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. The Architect 5:16
2. The Size Of An Ocean 4:38
3. Evolve 3:43
4. The Day We Died 4:40
5. Forgotten Fields 7:18
6. Three Mile Island 4:34
7. Godspeed 4:56
8. Another All 4:27
9. Bloodthrone 5:21
10. Kill Me 6:04
All tracks 50 min.
Line-up:
Cédric Moïse – Vocals
Thomas Billerey – Lead guitars
Lionel Bouyroux – Rhythm guitar
Mickaël Desmarie – Bass
Gaspard Jeanty-Ruard – Drums