Recensione: Bloody Blasphemy
L’Olanda, lo sappiamo, ha sfornato più di un gruppo Death Metal degno di nota. Personalmente trovo i God Dethroned uno tra i più significativi nel panorama del suddetto paese, non tanto per l’effettivo riconoscimento da parte del pubblico (arrivato solo negli ultimissimi anni) quanto per l’ottima qualità di quasi tutte le uscite da loro firmate, passate per lo più, purtroppo, sotto un ingiusto silenzio. Dovremo aspettare Into The Lungs Of Hell per sentir parlare diffusamente di loro, quando all’interno della propria discografia i nostri già annoveravano una piccola perla come quella qui recensita.
Un album completo: ecco cosa lo rende unico. Raccogliendo senza eccessivi sbilanciamenti tutto quel che di buono ha contaminato il Death Metal degli anni ’90, il gruppo stende dieci tracce che sintetizzano in un unico discorso l’intensità di certe melodie, la violenza caratteristica del genere e l’atmosfera che solo un grande song-writing riesce a rendere. Lo stile è immediatamente gradevole, e ancora di più lo era in quegli anni così saturi di cloni di In Flames e simili: la melodia dei God Dethroned è di stampo radicalmente diverso, costruita su arrangiamenti fortemente derivati dalla scuola Black svedese ma rielaborati in questo contesto. Chiaramente, guardando al dettaglio, non mancheranno somiglianze con la scuola di Gothenburg, ma quando si osserva il discorso nell’insieme è chiaro che si è davanti a tutt’altro.
L’atmosfera generata da tali melodie raccoglie le più disparate sfumature, dalla quasi (paradossalmente) malinconica conclusione di “The Execution Protocol” alla maestosa “Soul Capture 1562“. Stupendi i cori nel ritornello di “Serpent King“, ottima rappresentazione di come il Death Metal possa rigettare la pacchianeria quando si adagia su questo tipo di soluzioni. Non mancano ovviamente tracce più tipiche, come la violenta “Boiling Blood” o “Under The Golden Wings Of Death“, dove il loro classico stile si fonde alla marzialità della strofa e ad accenni agli immancabili At The Gates.
Grandi protagonisti non ce ne sono: il gruppo si presenta come tale, uniforme nella prestazione. Nella generale omogeneità però una particolare menzione va a Roel, non particolarmente fantasioso ma capace di reggere velocità impressionanti nonostante i continui campi di tempo. Annoto poi a titolo puramente personale che ho particolarmente gradito il cantato di Henri Sattler, versatile quanto basta e dal timbro vagamente simile a quello del più noto Tompa.
Insomma, un album che non ha certo ricevuto la giusta considerazione, soprattutto nei confronti del successivo e ultra-osannato Into The Lungs Of Hell (anche Ravenous, pubblicato tra i due, non ha goduto di particolare considerazione). Bloody Blasphemy aveva tutte le carte in regola per diventare uno dei più importanti album del ’99, nonchè un punto di riferimento per i lavori successivi, mentre il suo ruolo è stato relativamente marginale. Prima di etichettare il mio giudizio come una pura semplice idiosincrasia vi invito ad ascoltare attentamente il cd, una delle poche uscite del periodo che abbia detto qualcosa di nuovo nell’unire Death Metal e melodia, nonchè, più in generale, un lavoro elaborato e realizzato con una completezza encomiabile. Un album contaminato ma, nonostante ciò, fatto per chi ama ogni sorta di Death Metal, anche nelle sue forme più estreme.
Matteo Bovio
Tracklist
01. Serpent King
02. Nocturnal
03. The Execution Protocol
04. Boiling Blood
05. A View Of Ages
06. Soul Capture 1562
07. Under The Golden Wings Of Death
08. Firebreath
09. Bloody Blasphemy
10. The Christhunt [digipack bonus track]