Recensione: Bloody Lunatic Asylum
Dopo una lunga ricerca finalmente riesco ad entrare in possesso di questo terzo full-lenght dei vampiri capitolini, giunti con questo lavoro ad un contratto di peso con la Blackend.
Con due album e svariati demo alle spalle i Theatres Des Vampires si presentano come una band matura, perfettamente cosciente delle proprie potenzialità e che si propone ora di darci un assaggio della sua importanza nel panorama italiano (e non solo).
Va fatta una doverosa premessa: i Theatres non sono il massimo dell’originalità in quanto al genere proposto, ma riescono nel difficile compito di non annoiare.
Fortemente influenzati da mostri sacri del settore, Cradle Of Filth su tutti, ma anche Mercyful Fate o i nostrani Death SS, e comunque da tutto il movimento dark, i capitolini aggiungono del loro, rendendo il genere proposto molto piacevole e adatto a più palati: si passa da un Black piuttosto tirato a momenti che sfociano in un Gothic molto suggestivo (i Theatres possono contare sull’apporto di due “vampirelle”, Scarlet e Justine).
Sono proprio le parti gothicheggianti quelle meglio riuscite: uniscono temi classici Black (chiese in fiamme, messe nere, sacrifici di vario tipo), ammorbiditi dalle tastiere, presenti senza mai eccedere, e dai cori femminili. Un plauso particolare va ai bellissimi cori in latino, sempre inseriti con sapienza, che danno un che di maligno, di tetro e richiamano l’attenzione al periodo medievale / rinascimentale (ovviamente nel contesto della stregonerie e delle messe nere).
All’apparenza possono sembrare quindi l’ultima delle evil-boy band, ancorata a inni satanici senza mezzi termini (il look certo non aiuta in questo senso). Invece sta proprio qui l’importanza di questa band: non si limita alla superficie, ma, al contrario, va a scavare nella tradizione nera, di qualsiasi tempo e luogo. Ad esempio “Les Litanies De Satan” è una canzone completamente in latino, esclusivamente parlata, solo con un po’ di sottofondo d’atmosfera, che altro non è che una musica di Beethoven; oppure la sesta traccia, “Pale Religious Letchery“, il cui testo è ripreso dall’opera “The Marriage Of Heaven And Hell” di William Blake (opera già tanto cara ai Virgin Steel).
Oltre a questi episodi particolari risaltano la “quasi title track”, “Lunatic Asylum“, oscura e con un coro latino tra i più riusciti e “Dominions“, la song più propriamente Black dell’album.
Secondo me questo è un buon lavoro (manca solo un po’ di originalità…): dategli un ascolto, sempre se riuscite a trovarlo!