Recensione: Blues From Hell
Quando si mette su una band, si possono seguire due direzioni principali: aderire alla tradizione e andare sul sicuro, oppure tentare la via dell’innovazione. Gli Stray Train, dalla Slovenia e giunti al secondo album, hanno scelto la prima soluzione. Il quintetto infatti abbraccia in toto un heavy blues rock moderno, senza cincischiare troppo sulla forma, che riporta alla mente i big del genere e si immette nel filone del revival che tanto spopola negli ultimi anni.
“Blues From Hell – The Legend Of The Courageous Five” entra subito nel vivo e con decisione grazie all’elettrica (come da titolo) “Electrified”, numero molto diretto e ruggente, poi nella doppietta “Heading For The Sun” e “Days Gone” si distende su toni più slow, dove il funk e il soul si mischiano egregiamente col blues, un po’ come dei novelli Black Crowes. La provenienza geografica non deve trarre in inganno i tradizionalisti, perché gli Stray Train potrebbero essere tranquillamente scambiati per una band americana, o al limite tedesca (Germania dove si sono fatti le ossa in tour). Il cantante Luka Lamut ha un bel timbro caldo e classico che si lascia ascoltare con piacere e ben si adatta alle sonorità proposte, anche quando la band si sposta verso il fronte di un certo arena rock come in “Emona”.
Il riff stoner con tanto di claps di “Mad Machine” richiama i Queens Of The Stone Age di “Songs For The Deaf”. L’andatura robotica c’è tutta, per poi aprirsi in un refrain arioso che riporta in pieno territorio hard rock. I due chitarristi Jure Golobic e Boban Milunovic non sono dei fenomeni, fanno il loro dovere vibrando dei riff abbastanza scolastici che riescono anche a porre in una variante simil-Sabbath nella titletrack. La mettono sulla semplicità anche in fase di assolo, all’interno di composizioni che risultano sempre piacevoli, nulla che faccia spelare le mani, ma piacevoli quello sì. E a volte può bastare.
“House Of Cards” ha il tono happy delle praterie dove bazzicano i Black Crowes, mentre “Love Is Just A Breath Away” è un classico esempio di ballata blues con la voce un po’ alcolica e la chitarra seducente. È così che va questo “Blues From Hell”, tra qualche richiamo sleaze (“My Baby’s Ride” e “Give It Away”, che odora anche di Def Leppard) e di nuovo semplici soluzioni hard-blues (le percussioni e i cori femminili di “No Easy”) molto orecchiabili, per poi salutare e darsi l’arrivederci alla prossima con le slide di “Miracle”. E quanto dei Led Zeppelin troviamo sul finale? In fondo forse basterebbe fare il nome di Plant e soci per racchiudere tutto il concetto espresso da questi ragazzi sloveni.
Il secondo album non proietterà gli Stray Train ai vertici della scena, che di suo è fin troppo affollata, ma se prendete il dischetto in questione e lo infilate nello stereo, o lo mettete su durante un viaggio in macchina, avrete garantito un ascolto gustoso, di quelli che mettono addosso vibrazioni positive.