Recensione: Bombshell
Arrivano dagli USA con notevole spinta promozionale ed una immagine di sicuro impatto i rockettari Hydrogyn, da più parti indicati come la “next big sensation” in ambito hard rock dei prossimi anni.
Leggenda vuole che il noto producer Michael Wagener, dopo averne apprezzato un demo, sia stato poi folgorato dalla grandiosità dell’energia sprigionata dal gruppo in sede di esibizione live, convincendosi sin di primo acchito a promuovere questa nuova realtà del rock a stelle e strisce così eccitante e ricca di potenzialità.
Ottimo biglietto da visita ma qualcosa non mi convince…
Orbene, spazziamo subito il campo da ogni dubbio o fuorviante parolone di stampo “promozionale”: qui non siamo in presenza ne di un capolavoro, ne di una nuova pietra miliare del nostro caro hard rock, e, onestamente, la tanto strombazzata “next big sensation”, da quanto sentito in questo platter, non sembra proprio possano essere gli Hydrogyn.
Indubbiamente il gruppo reca un più che valido bagaglio tecnico, la produzione è de-luxe e l’impatto garantito dalla bella e brava singer Julie è in effetti un valore incontestabile a vantaggio del combo statunitense, tuttavia quello che davvero reputo poco convincente è la qualità dei pezzi… intendiamoci, tutti brani eseguiti in maniera inappuntabile, eppure al termine dell’ascolto risulta legittimo domandarsi dove risiederebbe la carica di energia incendiaria che, a quanto pare, dovrebbe caratterizzare questo “Bombshell”…
Ammetto di aver percepito una sensazione di fastidiosissima noia durante il passaggio di brani come “Look Away S.P.”, “Circle” e “Breaking Down” per citarne alcuni, dotati di ritornelli mai vincenti, stucchevoli e troppo ripetitivi, supportati da una base per nulla dinamica o coinvolgente, così come non ho provato particolari sussulti nell’affrontare tracce di migliore levatura come “Vesper’s Song”, “Love Spoke” e “Blind”, piacevoli senza dubbio ma di certo neanche lontanamente paragonabili a qualcosa che assomigli al tanto pubblicizzato “capolavoro”.
Succede così, che il brano migliore di tutto il lotto (ben quattordici tracce) sia la cover di un esempio leggendario di grandissimo hard rock, questo sì, eccitante, adrenalinico e pieno di carica delinquenziale e strafottente, ovvero la grandissima “Back In Black” degli immortali AC/DC, in grado di attrarre e soddisfare anche nella rivisitazione qui offerta.
Davvero troppo evidenti i modernismi di cui è infarcita la musica degli Hydrogyn e fin troppo manifesto il tentativo di beccare i proverbiali “due piccioni con una fava”: accattivarsi i seguaci del rock duro con qualche svisata di chitarra ed una “facciata” di evidente richiamo hard, ma al contempo strizzare l’occhio a chi con il genere non ha familiarità piazzando, di tanto in tanto, qualche canzoncina dotata della “debordante” ed “insostenibile” aggressività di Avril Lavigne e Alanis Morrisette.
Nulla contro le due (peraltro bravissime) cantanti pop, ma questo sarebbe hard rock?
In conclusione mi pare sia chiaro come (a mio giudizio), questa band sia destinata ad essere ricordata più per l’avvenente presenza della bionda cantante che per il reale valore della proposta.
Probabilmente qualcuno apprezzerà comunque la valenza “modernista” del gruppo e gradirà senza riserve questo “Bombshell” (come sembra accadere a numerosi addetti ai lavori) entrando in sintonia con atmosfere e qualità, dal canto mio non posso invece far altro, dopo qualche sbadiglio di troppo, che chiosare con un titolo storico di Shakespeare:
“Molto rumore per nulla”…
A voi la sentenza.
Line Up:
Julie: Voce
Jeff Westlake: Chitarra
Chris Stewart: Chitarra
Dave Moody: Basso
Jerry Lawson: Batteria
Tracklist:
01. Vesper’s Song
02. Blind
03. Look Away S.P.
04. Breaking Me Down
05. I’ve Been Waiting
06. Confession
07. Love Spoke
08. Back In Black (Cover Ac/Dc)
09. The Sand
10. Whisper
11. Circle
12. Book Of Names
13. Come Back To Me
14. Mutilated Mind