Recensione: Bonded by Blood
Gli Exodus sono stati uno dei gruppi più ingiustamente sottovalutati nella storia del Thrash Metal, eppure proprio loro sono stati tra i prime movers della scena della Bay Area, e sempre grazie a loro i Metallica hanno trovato Kirk Hammet, che militava proprio negli Exodus ai tempi dei primi demo;di sicuro il gruppo ci ha messo del suo per non raggiungere il grande successo, visto che, dopo un grande esordio, non sono mai riusciti a ripetersi sugli stessi livelli.
Parlare di “Bonded by Blood” è un po’ ritornare a quello che era lo spirito Thrash agli albori della sua storia, uno spirito selvaggio e musicalmente fatto di un aggressività quasi senza pari per l’epoca, con uno stile che si potrebbe quasi definire acerbo, visto che di certo mancano certi tecnicismi che sarebbero apparsi nel Thrash successivamente.
Il disco è fatto di riff sporchi e ruvidi, ma dannatamente coinvolgenti, basta ascoltare canzoni come la title track, la storica “A Lesson in Violence”, dove i 5 californiani davano davvero lezioni di violenza alla maggior parte dei gruppi del tempo, “Piranha”, che, con i suoi ritmi leggermente più lenti rispetto al resto del disco, apre in maniera decisamente convincente il lato “B” del platter.
Con “Bonded by Blood” gli Exodus sono riusciti a confezionare un disco che, nonostante adesso siano stati dimenticati, ha fatto scuola, dando delle direttive precise su quelle che dovevano essere le caratteristiche principali del Thrash.
Un altro punto a favore di questo lavoro sono le melodie che il gruppo è riuscito a trovare in mezzo a tutta la violenza dei pezzi, un esempio lampante viene offerto dalla bellissima “And then there were none”, dove su una base sempre e comunque aggressiva, si inserisce un ritornello addirittura orecchiabile e cantabile.
Il lavoro svolto dal gruppo è di ottimo livello, fermo restando che tecnicamente gli Exodus ai tempi erano piuttosto rozzi, non si può non notare l’ottima prestazione fornita dal mitico “H-Team”, cioè la coppia di chitarristi Gary Holt-Rick Hunolt, ma il vero punto distintivo dell’album rimane secondo me la voce del mai troppo compianto Paul Baloff, che, con la sua voce sgraziata e sporca, è sicuramente la cosa che più di ogni altra permette a questo disco di decollare definitivamente, facendogli acquisire una personalità tutta sua.
I suoni dell’album sono i classici suoni che si potevano ascoltare durante quei gloriosi anni, sporchi, a volte impastati, ma sempre e comunque incredibilmente caldi, cosa che rimpiano molto spesso quando ascolto album recenti.
Di sicuro tutti quelli tra voi che non hanno avuto l’opportunità di vivere gli anni’80 da protagonisti potrebbero trovare questo disco quasi “ingenuo” nel suo incedere, ma vi assicuro che al tempo della sua uscita c’erano davvero pochi dischi in grado di competere a livello di violenza sonora con questo album.
In chiusura posso solo dire che “Bonded by Blood” è un disco da cui non si può prescindere se si vogliono davvero scoprire le radici di un genere musicale, il Thrash, che ha dato tante soddisfazioni ai metallari, ma che purtroppo è scomparso troppo presto; personalmente credo che questo stile possa offrire ancora molte opportunità artistiche, basterebbe solo che qualche giovane band iniziasse a seguire le orme dei vari Testament, qualche segnale di ripresa io lo sto notando, e sono anche convinto che se, se maggiormente conosciuto, questo album potrebbe far venir voglia a parecchia gente di iniziare a suonare Thrash.
Magari sembrerà stupido, ma io voglio dedicare questa mia recensione alla memoria di Paul Baloff, un personaggio troppo spesso dimenticato e mai ricordato come si deve dalla maggior parte della gente
R.I.P Paul, sono sicuro che la tua voce starà facendo vittime anche nel posto in cui sei adesso…….