Recensione: Börübay
Dopo l’ottimo “Öz” del 2014 i folk/dooom metallers turchi Yaşru nel tardo 2015 hanno cominciato a lavorare sul loro nuovo album intitolato “Börübay”. Il 26 dicembre di quell’anno la band ha rilasciato su YouTube la cover di “Nazar Eyle” come regalo per il nuovo anno ai suoi ascoltatori, brano originariamente scritta e composta da Barış Manço, pioniere della musica rock in Turchia ed uno dei fondatori del rock anatolico. Gli Yaşru hanno voluto onorare l’artista che li ha fortemente ispirati.
Nel giugno del 2016 annunciano di aver firmato per la label italiana Wormholedeath Records.
“Börübay” trae origine dalle parole in lingua Göktürk “Börü” (lupo) e “Bay” ( imponente) o “bey” (uomo). Börübay è un guerriero che proviene da uno dei nove clan del Khaganato Göktürk. La natura riveste una grande importanza nelle antiche credenze turche, così la band ha cercato di fonderla con il personaggio Börübay, come pure con il suo ambiente. Viene raccontata inoltre la storia di Börübay, personaggio pensato e concepito da Berk Öner ed illustrato da Ömer Tunç. Nel disco come nei precedenti lavori del gruppo non mancano oltre a basso, chitarra e batteria i vari strumenti folk tradizionali non specificati.
L’album inizia con “552 A.D.(Börü)”, intro arioso e gentile permeato dallo scintillante e secco arpeggiare dello strumento tradizionale a corde, dal caldo e selvaggio suono del flauto e dai versi dei lupi e dei rapaci. La voce di Berk volteggia come in una sorta di rito sciamanico scandita dalle percussioni. Stando sempre al grande lavoro di ricerca di Berk sulla storia delle antiche genti e cultura turche, 552 A.D. potrebbe riferirsi all’anno di nascita dell’Impero Göktürk, il cui fondatore è stato Bumin Khan. Il verso dei rapaci potrebbe essere un riferimento ad Öksökö, aquila a due teste nella mitologia turca correlata a Burkut, il Dio aquila. L’Öksökö scatena fulmini dai Cieli alla Terra, accompagnati dalla pioggia che in cambio crea corpi umani e gli stessi umani. Questo fulmine porta Öz. Öz è l’anima umana, l”individuo”, il “se stesso” che abita nel corpo di cui è ospite. Öksökö simboleggia la fortuna e la felicità e forse gli Yaşru volevano includere un segno di “buon auspicio”,”prosperità” per il Khaganato Göktürk (552-744 A.D.) che fu un impero grande e potente quasi quanto quello di Genghis Khan. Il verso dei lupi potrebbe collegarsi alla credenza che la tribù Ashina fosse discesa dall’unione di un umano con la lupa Asena ( anche detta Kök Böri/Lupo Blu). Bumin Khan faceva parte di questa tribù. Il lupo simboleggia inoltre l’onore ed è considerato il padre della maggior parte dei popoli turchi. Il Börü/lupo scritto accanto alla data del titolo pare anticipare il personaggio Börübay.
“Börübay” travolge subito con il suo animo battagliero ed incedere epico ed orgoglioso, in cui le corpose chitarre si intrecciano con tremolanti effetti luminosi. La canzone è comunque sempre intrisa di melodie eleganti, solenni, nostalgiche, talvolta puntellate dall’austero strumento ad arco, talvolta dalle tristi e spettrali melodie del flauto. La voce di Berk che pare essere posseduta dal personaggio/guerriero Börübay alterna strofe in un cantato brutale e cavernoso a quelle in un cantato pulito e deciso. La canzone è intrisa sia dell’animo feroce ed orgoglioso del guerriero che del suo lato spirituale che pare fondersi e trarre forza da ogni espressione delle divinità e della natura del mondo sotterraneo, del mondo di mezzo ( dove vivono gli esseri umani) e del mondo spirituale. Una citazione di Börübay dice:
Erlik olur bedenim, düşman üstüne/ Il mio corpo diventa Erlik contro i miei nemici.
Nella mitologia turca Erlik era ritenuto un dio della morte e del mondo sotterraneo.
“Atalara” (gli antenati), riprende certe melodie dell’intro omonimo presente in Öd Tengri Yasar del 2012 ( allora gli Yaşru erano una one-man band composta da Berk Öner ) e ne rielabora ed amplia totalmente la struttura rendendola una canzone vera e propria.”Atalara” è un brano potente, dalle ritmiche rocciose stemperate dal secco arpeggio dello strumento tradizionale a corde. Berk canta prevalentemente in un feroce stile gutturale dal tono estremamente autoritario ed oscuro che pare esaltare la solennità e la sacralità degli antenati e di Tengri. Le ritmiche rocciose sono però fortemente intrise da melodie che evocano una grande tensione spirituale che ha il suo apice a circa metà brano. In quel momento regna sovrana un’atmosfera sciamanica creata dal throat singing, da dei vocalizzi e dalle percussioni, come ci fosse un vero kam (sciamano) ad eseguire il rito. Poco dopo il brano torna su sonorità aggressive. In “Atalara” viene citato Gökbörü probabilmente in riferimento al lupo del cielo sacro ai turchi.
“Nazar Eyle” è un brano originariamente scritto e composto da Barış Manço ed uscito nel 1974. Se la versione originale di Barış viaggia su un ritmo veloce e vivace, percorso dal colorato suono di uno strumento tradizionale a corde (tambur) e dalle percussioni ( come il davul ed il tumba), la versione degli Yaşru ha una struttura potente ma dalle atmosfere dilatate, distese.
Se la voce di Barış gioca su toni alti, quasi urlando, la voce di Berk viaggia su toni decisi ma bassi, vellutati ed eleganti, quasi cercasse di raggiungere quella classe e perfezione che vede nella voce di Barış. La Nazar Eyle degli Yaşru vuole porre l’accento sull’atmosfera magica, mistica che pervade l’originale. Tale magia è amplificata dal suono del caldo ed ipnotico flauto, dal secco suono dello strumento tradizionale a corde in sottofondo, da brevi passaggi delle percussioni dal sapore arcano e da futuristici effetti sonori. La “Nazar Eyle” degli Yaşru è intrisa in modo autentico dell’anima dei musicisti. E’ diventata una canzone cento per cento Yaşru. Il nazar è un amuleto a forma di occhio, in cui si crede protegga dal malocchio.
“Rüzgarin Yırları” scorre incessante e poderosa scandita dai secchi arpeggi dello strumento a corde che si intrecciano con le chitarre fino ad arrivare a ritmi estremamente soavi e sognanti, quasi cullanti. La voce di Berk che spazia tra un imperioso e feroce growl ed un solenne cantato in clean pare trasportare assieme alla musica un vento di guerra e pare pregare affinchè Tengri, le montagne e le foreste siano con lui per il buon esito dello scontro. I ritmi soavi nella parte finale della traccia sono delineati dalle arcane melodie dello strumento ad arco mentre dei luminosi effetti sonori (quasi simili al suono di un carrilon) uniti agli assoli di chitarra conferiscono un tocco cosmico e spirituale dall’aria serena. Nel testo viene menzionato Tong Yabgu, khagan del Khaganato Turco Occidentale (dal 618 al 628 A.D.). Egli era un membro della tribù Ashina.
“Hafiz” (memoria), è un brano strumentale presente nel primo album “Öd Tengri Yasar” (2012) con il titolo “Deko Kuy”. Se la versione del primo album era estremamente struggente nella sua nostalgia dominata dalle drammatiche melodie dello strumento tradizionale ad arco, la versione di “Börübay” ha un animo ben diverso. “Hafiz” è una traccia potente, anch’essa molto malinconica eppure è dotata di luminosi effetti sonori che le conferiscono un’aura quasi cosmica, romantica. Un leggero sibilo a tratti attraversa la traccia quasi fosse l’eco dei ricordi che tornano alla memoria. “Hafiz” è una melodia kazaka di Asylbek Ensepov.
Il disco si conclude con “Yaşru” (mistero, segreto in lingua Göktürk ) un brano diretto, dal travolgente ritmo galloppante, un brano atipico per gli Yaşru con la sua vivacità, accentuata dal suono acuto dello strumento a fiato. Nonostante questo inedito lato vivace, l’aura misteriosa, antica e magica è sempre ben presente. La voce di Berk oscilla tra un caldo canto pulito dall’aura solenne ed imperiosa ed un selvaggio cantato gutturale ai confini con l’overtono. In “Yaşru” la grande fede in Tengri permea il brano. In questa canzone battagliera ed orgogliosa i membri della band paiono quasi celebrare le loro misteriose orgini, origini che si perdono in luoghi di vastità sconfinata.
“Börübay” rappresenta un ulteriore passo avanti per gli Yaşru rispetto al passato. La produzione è notevolmente migliorata e ben risalta tutti gli elementi senza snaturare quell’affascinante aura antica che ha da sempre caratterizzato la loro musica. Gli Yaşru appaiono migliorati come musicisti, Berk ha una maggiore padronanza della voce ed il suo cantato è sempre estremamente ricco di emozione. Il dio del tempo Öd Tengri ha traghettato i Nostri oltre nuovi orizzonti. “Börübay” è un album che rapisce per la sua profonda complessità, dove ogni elemento si incastra alla perfezione con l’altro. Niente pare lasciato al caso, tutto pare prestabilito come l’inflessibile volontà di Tengri. Se “Öd Tengri Yasar” ed “Öz” erano album dalle sonorità più cupe, nostalgiche e percorsi da ritmiche più lente e riflessive, “Börübay” ha un approccio un po’ diverso. Il nuovo lavoro degli Yaşru gioca su ritmiche più veloci, potenti, istintive e, seppur percorso come i precedenti lavori da un senso di mestizia, vi è una nuova luce più mistica, spirituale e magica. L’individuo si fonde con la natura, il cosmo, l’uomo parla con gli spiriti divini e con gli antenati. In “Börübay” l’animo è rischiarato e reso acora più combattivo da questa magia, da questa spiritualità. “Börübay” è consigliato agli amanti del pagan e del folk metal in generale, a chi cerca musica che li accompagni con la mente in luoghi lontani e sconfinati, a chi vuole sognare. Un disco che mette ancora più in luce l’enorme talento compositivo degli Yaşru. Promosso, decisamente.
Elisa “SoulMysteries” Tonini