Recensione: Boundless!
Perfetta sintesi fra black e thrash, il combo australiano Assaulter mette per ciò in difficoltà chi, come me, lo deve per forza inserire in una categoria allo scopo di recensire “Boundless!”, il suo nuovo album. Tale sintesi, infatti, è così equilibrata da lasciare quasi alla famigerata monetina l’onere di stabilire con aleatorietà di che trattasi: ci si può riferire agli Assaulter come ensemble dedito sia al black sia al thrash senza per questo incorrere in un errore.
Approfondendo tuttavia l’ascolto del platter, in mezzo alla nutrita presenza di orpelli tipici del black si trovano elementi forti che, alla fine, fanno pendere la scelta dalla parte del thrash. Un po’ com’è avvenuto per i Necrodeath pre-reunion e come avviene per i Ghostrider, giusto per fare un esempio calzante e concreto.
Ho citato non a caso le due band italiane. Gli Assaulter risalgono la china, infatti, sino alle sorgenti del thrash e del black, quando i due generi covavano sotto la cenere di certo heavy metal o, meglio ancora, di certa N.W.O.B.H.M.: quella deviata e blasfema di Angel Witch e Venom. Assieme però a Metallica e Mercyful Fate. In pieno 2011, i ragazzi dello New South Wales tirano quindi fuori dal cilindro un suono marcio e putrefatto, empio e aggressivo come quello dei Padri Fondatori. Una scelta artistica chiara e lampante. Non solo: la Metal Blade Records, bene o male, esige una professionalità che, al gruppo della Central Coast australiana, non manca. Non manca neppure un’evidente padronanza tecnica che, questo sì, non era la merce principale venduta da Sarcófago & Co.
La decisione presa in merito allo stile implica quasi obbligatoriamente una formazione a tre. Nella variante, stavolta, comprendente un vero e proprio factotum individuabile nella persona di Simon Berserker che, oltre a cantare, si assume l’onere di suonare chitarra e basso. Assieme all’altro chitarrista (T. Hellfinder) e al batterista (Peter Hunt), Berserker costruisce un suono tanto elementare quanto efficace.
Nonostante la semplicità compositiva, il sound è ‘disgustosamente’ riuscito; putrido e sulfureo da sfiorare gli inarrivabili, in tal senso, Hellhammer di Tom G. Warrior. Contrariamente a quanto si potrebbe dedurre da queste premesse… malsane, l’impianto delle canzoni è discreto. Una volta fissato con facilità il sound, infatti, il terzetto di Sydney riesce a mettere assieme otto brani certamente non raffinati ma fedeli ai canoni primordiali del genere. Dato per scontato che, a mio parere, è e sarà impossibile riuscire nell’impresa di Cronos – che, assieme a Mantas e Abaddon, coniugò mirabilmente una minimale tecnica strumentale a una fecondità compositiva quasi unica nella Storia del metal – , i Nostri comunque non sfigurano troppo nell’impari confronto realizzando una serie di song cupe e genuinamente ammalate.
Il caratteristico semi-scream di Berserker, quasi più un parlato che un cantato, aizza subito le truppe infernali con l’opener “Entrance”, mefitica e tenebrosa come si deve. Il quattro/quarti involuto di “Outshine” non farà caso alla teoria dei tempi dispari ma scatena un putiferio da sfrenato headbanging. I riff taglienti come rasoi di “Into Submission” generano uno scellerato mid-tempo, grezzo tuttavia trascinante. “Slave To King”, strano ma vero, si ammanta di armonie orientaleggianti rompendo un po’ il consolidato cliché degli altri pezzi. “The Perpetual War” si lega al brano precedente per poi tornare, come un turbine, nei sotterranei gironi danteschi. Lo stesso incedere risuona nell’incipit di “Exalt The Master”, canzone migliore del lotto, gustosamente rozza e arretrata. “Dying Day”, anonima sia nella forma sia nella sostanza, fa da apripista alla suite che chiude il disco: “The Great Subterfuge”. Forse un esperimento, la composizione non regala nulla di diverso da quanto già ascoltato in precedenza.
“Boundless!” può andare bene per chi, a causa dell’anagrafe, non ha vissuto di prima persona il triennio 1983 ÷ 1986. È una buona opportunità, cioè, di toccare con mano la preistoria del thrash e del black. Per gli altri direi che si può passare oltre, anche se un encomio agli Assaulter per la loro inflessibile attitudine è doveroso.
Nulla di più, però.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Entrance 4:19
2. Outshine 3:34
3. Into Submission 3:42
4. Slave To King 5:39
5. The Perpetual War 6:04
6. Exalt The Master 4:28
7. Dying Day 4:24
8. The Great Subterfuge 8:18
All tracks 40 min. ca.
Line-up:
Simon Berserker – Guitars, Bass, Vocals
T. Hellfinder – Lead Guitars
Peter Hunt – Drums