Recensione: Break Of The Second Seal: The Eternal Damnation

Di Daniele D'Adamo - 1 Novembre 2010 - 0:00
Break Of The Second Seal: The Eternal Damnation
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Anno: 2010
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80

Soulblighter.
Il «prosciuga-anime».
Con questo nome si può indicare chi, mediante l’assassinio, si libera dell’umana imperfezione personificata dalla vittima di turno. Il suo modus operandi, elaborato e complesso, è alla base dei temi descritti dai salentini Stillness’ Blade; soggetti che, assieme alla musica, si fondono assieme per realizzare un progetto di devastante brutal death metal.
Dopo l’esordio nel 2002, nel 2004 il gruppo produce da sé, come da copione, il demo “Soulblighter Pt.1”. Nel 2007 il primo full-length, “The First Dark Chapter: Misanthropic Elevation” e, finalmente, “Break Of The Second Seal: The Eternal Damnation”.

Egregio il lavoro svolto dai Bunker Studios di Melendugno e dai 16th Cellar Studios di Roma che, suggellati dalla Punishment 18 Records, hanno consentito al terzetto (o meglio, duo) di Apulia di materializzare nel miglior modo possibile la propria idea musicale. Che, meglio affermarlo subito, è – in pratica – quanto di meglio si possa trovare oggi in Italia in materia di brutal death metal. Anzi, “Break Of The Second Seal: The Eternal Damnation” è, a mio parere, in grado di competere con tranquillità con “II: The Reign Of Darkness” degli Annotations Of An Autopsy e “Misled By Certainty” dei Cephalic Carnage. Oltre alla già citata professionalità di assoluto livello internazionale della produzione, compreso anche l’agghiacciante artwork, ci sono tre precisi aspetti che trascinano il platter inesorabilmente verso l’alto.

Primo punto: la tecnica.
A tal riguardo, di fronte alla bravura con la quale i Nostri spremono i loro strumenti, appunto, non c’è che da levarsi il cappello: tutti gli elementi che contraddistinguono gli analoghi lavori che fanno del virtuosismo la primadonna ci sono. Guitarwork dalle dimensioni sterminate, estese quasi all’infinito sia nel lato di competenza delle ritmiche, sia in quello sotteso dai soli. Linee di basso (quello di Gianpaolo Marsano) che ovviamente non si limitano a reiterare quelle della sei corde, completando invece come un intarsio il rifferama alimentato dalla mente di Max Schito e cucendo saldamente il tutto ai complicati pattern della batteria di Antonio Donadeo. Spettacolare il growling di Schito: intelligibile anche nei momenti più intensi, possiede un piglio stentoreo che evita di scadere nel rigurgito da lavandino. Un approccio che ricorda, più volte, quello dell’inarrivabile Nergal dei Behemoth.

Secondo punto: la musica.
Il difetto più rilevante del brutal death metal risiede, sempre a mio parere, nella scarsa profondità del suono. Tecnica esagerata e uso eccessivo di blast-beats possono determinare, difatti, un timbro piatto, dal tono monocorde. Nulla di tutto ciò, in “Break Of The Second Seal: The Eternal Damnation”. I numerosi incipit ambient che fanno da cappello alle canzoni e che identificano i vari modi con i quali il Soulblighter finisce le proprie vittime, rimpolpano il mood del sound, arricchendolo di tenebra e d’orrido terrore. Non solo: in più di un break (all’interno dei pezzi), certi campionamenti incupiscono l’umore, facendolo davvero precipitare nell’abisso senza fine cui giacciono i protagonisti (vittime e carnefice) delle song del disco.   

Terzo punto: le canzoni.
Da “Path Of Damnation – Break Of The Second Seal” a “Ascension Of Seven Blades – Sorrow Descends” la personalità dell’ensemble della provincia di Lecce non viene mai meno. Lo stile è definito in ogni particolare, che non muta secondo i brani. Pur tuttavia, ciascuno di essi ha una singola particolarità compositiva che lo distingue da tutti gli altri. Segnalo giusto per dovere di cronaca, poiché sarebbero da menzionare in toto, alcuni pezzi. In primis, “Napalm Rain”, dall’incredibile tempo di batteria a sostegno del riff portante: un massacro totale! Poi, la violentissima “Materialistic Suffocation”, spaventosa mazzata sulla schiena. Infine, “Chains Of Damnation”, che si mostra orribilmente lenta e sinuosa, all’inizio, per poi scatenarsi con la furia degli elementi.

Non c’è altro da aggiungere, sennonché “Break Of The Second Seal: The Eternal Damnation” è un album che ogni appassionato di technical/brutal death metal deve assolutamente far proprio. Punto.
   
Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Path Of Damnation – Break Of The Second Seal 6:21    
2. Napalm Rain 5:39    
3. Chains Of Damnation 5:43    
4. Black Aura Shadow 4:37    
5. Materialistic Suffocation 3:20    
6. Stock Of Vengeance 4:48    
7. Sadistic Flesh Pleasure 4:12    
8. Ascension Of Seven Blades – Sorrow Descends 5:59

Line-up:
Max Schito – Vocals, Guitars
Gianpaolo Marsano – Bass, Backing Vocals
Antonio Donadeo – Session Drummer
 

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