Recensione: Breath of eternity
Grazie all’amicizia che da tempo ci lega ai ragazzi della Northwind records di Tortona, siamo riusciti ad entrare in possesso di un advance cd di ben cinque brani che andranno a comporre il nuovo album dei grandi Highlord, giovane band torinese che con il suddetto “Breath of Eternity”, riesce a varcare la soglia del terzo album confezionando un trittico di brani che irresistibilmente faranno la gioia di migliaia di metal heads europei ma non solo.
Ebbene si, la band autrice del best sellers “When the aurora fall”, era attesa alla prova del nove nel dover dimostrare che tutte le lodi e i buoni intenti nel confezionare quel capolavoro, non erano state per niente occasionali ma che erano parte di una maturazione stilistica e compositiva che pian piano ha tramutato quella che era una promessa del panorama metal italiano, in una fulgida realtà dello star sistem internazionale.
Si, credo che i detrattori dei nostri mai e poi mai si sarebbero aspettati che i cinque avessero potuto ripetersi sugli stessi livelli, o addirittura superarsi, ed invece…. Invece i cinque riescono nel non facile compito di compiere un’ulteriore passo in avanti sia a livello compositivo che tecnico/strumentale.
Infatti, restando sempre fortemente legati alla matrice symphonic/power metal che tanta fortuna ha portato alla nostra band, ma non solo, gli Highlord di “Breath of life” hanno compiuto una sorta di recupero delle proprie radici musicali, non a caso in alcune delle songs che ho potuto ascoltare, più volte si odono echi derivanti da un certo hard rock pomposo di scuola Europe, Rising Force e Rainbow, ai quali i nostri hanno sagacemente saputo mixare stilemi musicali concettualmente distanti, ma comunque legati ad un’unica matrice metallica.
È questo il caso di una killer song del calibro di “Phoenix’s fire”, brano dalla struttura complessa e variegata, che riesce sagacemente ad amalgamare l’aspetto puramente tecnico derivato da un certo progressive/power metal, con il classico impatto swedish death con tanto di cantato growl, per un risultato sicuramente positivo e da applausi a scena aperta.
Ma se questo è l’aspetto più tecnico della proposta musicale degli Highlord, gli highlists del disco, vanno ricercati fra i brani di facile presa, come la corrosiva e roboante “Back from hell”, song dall’incedere sontuoso e solenne che sembra uscito dal songbook della band di Joey Tempest e co. con la coppia Muscio/Droetto, rispettivamente tastiera e chitarra, infaticabili trainatori dell’ensamble piemontese, a dividersi la parte da leone, e sicuramente “Show mw your kingdom”, brano per il quale sua santità Malmsteen darebbe a cambio un paio di Ferrari..
Cosa aggiungere? Beh, se il resto dei brani sarà di questa portata, ma di questo ne sono più che sicuro, potremmo prepararci ad inserire “Breath of life” fra i migliori album di fine anno, si perché se gli Highlord non fanno il botto con quest’album, mi faccio frate, giuro!!!! Che dite, comincio a preparare il saio???!!!