Recensione: Bring Heavy Rock to The Land
L’approccio ad una nuova release di Jorn si compie certamente senza grandi patemi d’animo per il recensore. Il rocker che si appresti al primo ascolto di un nuovo lavoro del potente vocalist norvegese sa bene, infatti, cosa attendersi da Lande (ed è difficile che le aspettative vengano tradite): un solido rock al confine tra metal ed hard rock, devoto ai classici di Rainbow, Black Sabbath, Whitesnake e, soprattutto, Dio.
Anche “Bring Heavy Rock to the Land”, in uscita per Frontiers Records, non desta, appunto, particolari sorprese, e propone all’ascoltatore un fuoco d’artificio di brani possenti ed appassionanti, ben eseguiti e cantati in maniera maestosa, che nulla hanno da aggiungere a quanto è stato già detto in passato dai citati colossi del genere, ma che comunque ne onorano lo stile in maniera egregia se non magnifica.
“Bring Heavy Rock to the Land” arriva dopo un live e dopo il ritorno di Jorn con i power metallers Masterplan, e rappresenta il settimo studio album in qualità di solista, nonché il trentesimo lavoro in assoluto del nostro vocalist. Il quale si conferma, pertanto, come un vero e proprio stakanovista del rock, la cui ugola ha caratterizzato, in passato, pure progetti e formazioni come Allen-Lande, ARK, Ayreon ed Avantasia.
L’apertura del CD è affidata, invero, ad un brano tra i meno trascinanti, ma, in ogni caso, di grande fascino. Si tratta di “My Road”, aperta da una intro di tastiere dal flavour misterioso e da una chitarra acustica su cui si staglia una voce suggestiva e roca, che disegna un paesaggio non privo di influenze southern. Quando l’ascoltatore si affaccia alla seconda traccia, poco dopo, ecco che il ritmo sale al suono di “Bring Heavy Rock To The Land”: qui, infatti, il riff solido di chitarra ci porta subito in territori Hard & Heavy, per un vero e proprio inno epico, cadenzato e massiccio. Ascoltando la successiva “A Thousand Cuts” ci ritroviamo ancora a percorrere il medesimo cammino stilistico, qui però ammantato di un flavour più oscuro e drammatico, ravvivato comunque, a tratti, da sprazzi melodici nelle parti vocali e da un assolo d’ascia di pregevole fattura.
A proposito di sei corde, l’album vede il ritorno di Jimmy Iversen, che aveva partecipato a “Spirit Black” ma non aveva seguito Jorn nell’attività live per motivi personali. L’accoppiata con l’altro axeman Tore Moren produce effetti micidiali, e ne è testimonianza, tra l’altro, “Ride Like The Wind”, il brano del cantautore Christopher Cross già coverizzato e metallizato dai Saxon….insomma, una sorta di “cover di una cover”, per certi versi, ma il brano è troppo attraente di per sé perché si presti ad eccessive critiche per la scelta un tantino scontata. La voce di Jorn e le chitarre ne regalano, in effetti, una versione di notevole pregio e gradevolezza.
Chitarre virtuose e voce da medaglia d’oro caratterizzano anche “Chains Around You”, un epico heavy rock di marca Rainbow, mentre “The World I See” alterna arpeggi slow ed incantati ad hard rock tonante, marziale e tenebroso e con aperture grandiose.
Ancora possente heavy rock, omaggiante il grande Ronnie James Dio, marchia a fuoco la seguente “Time To Be King” (cover curiosamente dei Masterplan risalente solo al 2010), e poi ancora “Ride To The Guns”, un hard rock veloce e trascinante alleggerito da un ritornello gradevole, energico ed infiammato da un turbine irruente di chitarre elettriche.
L’atmosfera si placa per un momento grazie a “Black Morning”, ballata elettroacustica dal sapore southern ingemmata da influenze roots, ma subito dopo è nuovamente tempo di elettricità con “I Came To Rock”, hard rock che alterna momenti più lenti e riflessivi ad accelerazioni elettriche e cattive.
“Bring Heavy Rock to the Land”, dunque, non propone alcuna istanza artistica innovativa, restando nel consolidato solco creativo che contraddistingue Jorn, ed offrendo senza dubbio alcuno song piacevoli, corroborate da una voce calda, duttile, piena e grintosa e soprattutto, da tanta passione. Non solo quella di un grande professionista del rock duro, ma anche quella – purissima ed incorrotta – di chi resta, comunque, un eterno ed inossidabile fan di questo genere musicale e dei suoi giganteschi maestri.
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Line Up:
Jorn Lande: voce
Willy Bendiksen: batteria
Nic Angileri: basso
Tore Moren: chitarra
Jimmy Iversen: chitarra
Tracklist:
01. My Road;
02. Bring Heavy Rock To The Land;
03. A Thousand Cuts;
04. Ride Like The Wind;
05. Chains Around You;
06. The World I See;
07. Time To Be King;
08. Ride To The Guns;
09. Black Morning;
10. I Came To Rock;
11. Live And Let Fly (bonus track)