Recensione: Broken Bones
I Dokken sono sempre stati un gruppo che ha amato svariare nel corso degli anni: partiti nel lontano 1981 con l’Heavy Metal abbastanza grezzo di Breaking the Chains, sono approdati ad un Hard Rock più pomposo e melodico che li rese celebri grazie a tre meravigliosi album rilasciati intorno a metà decade (naturalmente non c’è bisogno di specificare di quali dischi si stia parlando), per poi indurirsi progressivamente a partire da Dysfunctional (1995), senza dimenticare la deludente, anche se non per chi scrive, breve parentesi Alternative/Grunge che ha dato alla luce Shadowlife.
Per il penultimo disco in studio, Lightning Strikes Again, c’è stato un ritorno, sia pure in chiave leggermente più moderna, alla fase di splendore per Don Dokken e soci, annunciato peraltro già dal titolo, mezza citazione di un loro vecchio pezzo.
Per l’ultimo Broken Bones il buon Don ha quindi deciso di continuare su questa strada? Di primo acchito verrebbe da dire che più che ai dischi degli anni ’80, questo Broken Bones assomigli più a Dysfunctional, dato che ci sono sì pezzi molto melodici, ma caratterizzati da forti distorsioni e atmosfere più decadenti; per alcuni questa potrebbe essere una delusione, ma probabilmente si tratta della soluzione migliore dato che l’ugola di Don molto difficilmente sarebbe più in grado di sostenere un certo tipo di composizioni.
Nonostante questa premessa, si parte in quarta con “Empire”, pezzo terremotante dalle ritmiche molto sostenute dotato anche di assolo molto belli ad opera di John Levin, ormai al suo terzo disco in studio con la band. Come già detto, l’album si assesta subito su binari più tranquilli, ed ecco che arriva la title track, uno dei punti forti di questo undicesimo lavoro in studio, colma di mistero ed oscurità, così come “Victim of the Crime”, scandita da un minaccioso riff di natura Zeppeliniana. Decisamente apprezzabile “Best of Me”, pregna di un mood autunnale davvero delizioso, così come la più breve “Waterfall”, mentre “Blind” si porta su uno stile più puramente Hard Rock.
Eccezionali le malinconiche melodie di “Burning Tears”, forse il miglior pezzo della storia recente dei Dokken, ancora una volta distinto da un lavoro di chitarra molto curato, che trova il suo apice nello splendido solo a metà pezzo, ma non sono sicuramente da meno l’angoscia di “Today”, dalle forti connotazioni psichedeliche, o la carica di “For the Last Time”, che ad un ritornello molto movimentato alterna una strofa molto più rilassata.
A chiudere troviamo due bei pezzi come “Fade Away”, in qualche modo vicina al classico “Will the Sun Rise?” del 1985, e “Tonight”, con tutta probabilità il pezzo più duro del lotto.
Bel disco di una band in grande spolvero, sicuramente non ai livelli di 25 anni fa, ma nemmeno in rovina come molti vogliono far credere.
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Tracklist:
01 Empire
02 Broken Bones
03 Best of Me
04 Blind
05 Waterfall
06 Victim of the Crime
07 Burning Tears
08 Today
09 For the Last Time
10 Fade Away
11 Tonight
Line-up:
Don Dokken: voce
John Levin: chitarra
Mick Brown: batteria
Sean McNabb: basso