Recensione: Brutal Abstraction
Polonia, ancora e sempre Polonia, fucina di act che da un quarto di secolo occupano posti tra i più prestigiosi del panorama musicale, portando in ogni angolo del pianeta le loro idee messe con gran maestria in musica.
Anche se i nomi più acclamati sono noti a tutti, la fabbrica sotterranea (di quelle ‘alla Tolkien’) continua a sfornare nuove mostruose creature che hanno da dire la loro grazie alla rabbia, al talento e al sacrificio messo a servizio della musica giorno dopo giorno, con l’obiettivo di arrivare alla massa, rimanendo pur sempre fedeli al loro operato e alle loro idee.
Una degli ultimi demoni usciti dagli inferi si chiama K.A.S.K., proviene da Krasnystaw, al confine con l’Ucraina, e dopo tre anni dà seguito al demo “Cactus Core” con l’EP “Brutal Abstraction”. Nel lasso di tempo che separa le due uscite, la band ha dato concerti nel proprio distretto e cambiato diverse formazioni, riuscendo finalmente ad assestare la line-up con il nuovo bassista Kwiecio, che prende in mano le redini della band portandola fuori dai confini territoriali e dando un’impronta decisa al nuovo disco. Perché se con “Cactus Core” il combo era direzionato verso un *-core aggressivo e ‘indisciplinato’, con “Brutal Abstraction” ci troviamo di fronte a un vero e proprio cambiamento, soprattutto per quanto riguarda il respiro dei cinque brani, escludendo intro e outro.
Perché se il primo impatto è violento e senza compromessi, ci troviamo subito catapultati in un mondo spesso sottovaluto e raramente esplorato, quello degli spazi vuoti e del silenzio. Esempio lampante è “Empty Thoughts”, che dal titolo prende spunto per creare una sezione finale dove il vuoto lascia speranze e dà vita atmosfere a cui è difficile rimanere indifferenti, soprattutto per la breve attesa creata dall’opener “Awake From Unconsciousness”, registrata direttamente nella fabbrica di Tolkien. Le atmosfere black di “Salvation’s Spinning In The Grave” sono rese fruibili da Wafel, capace di cadenze e chorus che s’iniettano inesorabilmente nella nostra mente, così come la melodica “Brutal Abstraction”, che strizza l’occhio alla vicina Svezia e allo stesso tempo alle radici del sound grezzo ma incisivo dell’ormai consolidato death metal made in Poland. “Slave’s Anathomy” passa abbastanza anonima, con qualche accenno al *-core delle origini della band e parti di respiro alternate ad altre più aggressive. Nell’outro “The Rest Is Silence…” arpeggi puliti fanno da eco al cinguettare d’improbabili uccelli nordici, che introducono la finale “Falsephobia”, che racchiude tutto lo sfogo dei Nostri, con un riff ai limiti del djent, coadiuvato dal drumming violento di Satas che evolve prima in una sezione slow e poi verso un finale degno di questo ‘quasi’ full-length.
Ancora Polonia dunque, e che dire! Ancora una volta si affaccia alla ribalta una band con una potenza e un sound old style che ormai è una ‘caratteristica della zona’, e che, amalgamato a un songwriting funzionale e a dei testi che portano il loro credo e il loro messaggio in maniera convinta, potrà continuare a devastare i nostri timpani negli anni a seguire.
Vittorio “VS” Sabelli
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Tracce:
1. Awake From Unconsciousness (intro) 0:40
2. Empty Thoughts 3:57
3. Salvation’s Spinning In The Grave 4:26
4. Brutal Abstraction 6:00
5. Slave’s Anathomy 4:09
6. The Rest Is Silence… (outro) 1:25
7. Falsephobia 3:07
Durata 24 min.
Formazione:
Wafel – Voce
Kels – Chitarra
Peter – Chitarra
Kwiecio – Basso/Voce
Satas – Batteria