Recensione: Burden of Truth
Terzo lavoro per la nuova band di Zak Stevens, dopo la vicenda che l’ha reso protagonista di uno dei più rapidi addii/ritorni della storia del metal. Si tratta di un semi-concept sul tema del Santo Graal, vagamente ispirato al “Codice Da Vinci”. In realtà i testi sono al tempo stesso molto semplici e molto vaghi, dunque è praticamente impossibile dedurre una linea precisa di svolgimento in senso narrativo. Più che nei testi l’unità stilistica dell’album è nella musica: metal pesante mai veloce, melodico nelle parti vocali e stringente nella sezione ritmica. Nessuna concessione ad altri generi, ma coerenza perfetta, senza scadere mai nella ripetizione o nella noia; album “quadrato”, dall’inizio alla fine.
Rispetto ai precedenti due dischi, sembra che qui la band sia riuscita a trovare una maggiore compattezza, nonché una maturità artistica nobilmente ostentata, che pur mantenendo il legame col passato Savatage di Zak, lo rinnova in senso moderno e affascinante. Nessuna fretta nella composizione, nessun elemento fuori posto: l’album è di immediata assimilazione nella sua estrema semplicità. Pur non essendo affatto semplicistico.
Le canzoni: il singolo “Revelations” è probabilmente anche la migliore. Il ritornello è forse il più riuscito in assoluto della discografia dei Circle II Circle. L’opener “Who am I to be” è memorabile per l’interpretazione di Stevens, la cui voce calda e perfetta raggiunge il massimo di coinvolgimento emotivo. “Heal You”, nella sua schiettezza e semplicità, si presta ad essere completamente abbracciata già al primo ascolto. Da notare anche gli accompagnamenti, diversi e più mossi delle altre canzoni. “A matter of time”, “Messiah” e “Evermore” sovvertono la struttura tradizionale della canzone in strofa-bridge-ritornello. Fondate su due sole idee musicali particolarmente ispirate, le ripetono in ordine variabile, sostituendo talvolta il testo sulla stessa base melodica. L’espediente, che in sé non è poi un’invenzione così geniale, è così poco sfruttato in generale da sembrare strano al primo ascolto. In realtà, vista la ripetitività della melodia, l’assimilazione è ancora più facile. “The Black” pare basata unicamente sul ritornello, particolarmente riuscito e proposto subito in apertura. I ritmi sono particolarmente lenti e solenni. Non è una vera ballad, ma la resa lirica è ottima.
La parte conclusiva presenta canzoni leggermente più lunghe, e dal disegno più complesso.
“Sentenced” è l’episodio forse più depresso dell’album; la canzone scorre via abbastanza piatta, l’attenzione ci passa sopra e non coglie alcun dettaglio particolarmente interessante.
“Burden of truth”, la titletrack, è invece molto riuscita. La cosa più interessante è la parte finale, dove sul cantato di Zak si inseriscono poco per volta i cori, a creare un bellissimo e intricato gioco polifonico, che rapisce l’ascoltatore grazie anche all’ottimo missaggio. Tutti i membri del gruppo qui cantano, in un labirinto stordente di voci da cui è impossibile non essere avvinti. “Live as One” è un altro must: per le ritmiche, molto varie rispetto al resto; per gli interludi pianistici, per lo stupendo solo di chitarra… E soprattutto per la codetta finale, che per la sua dolcezza estrema è il passaggio più straordinario del cd! Ci avessero costruito sopra una ballad, avrebbero ottenuto qualcosa di eccezionale. Peccato…
Menzione speciale va al libretto, il migliore che mi sia capitato sotto gli occhi da un bel po’ di tempo. Complimenti dunque all’artwork designer e a tutta la produzione per l’ottimo lavoro svolto. In conclusione, un album da avere, sia se siete fan di Stevens (ma in tal caso, lo avrete già tra le vostre mani…), sia se siete semplici amanti dell’heavy metal più puro e incontaminato. Meno consigliato se preferite qualcosa di più elaborato, di più tecnico, o più rapido. Ma un ascolto non fa male a nessuno. E questo un ascolto se lo merita proprio.
Tracklist:
1. Who am I to be
2. A matter of time
3. Heal you
4. Revelations
5. Your Reality
6. Evermore
7. The Black
8. Messiah
9. Sentenced
10. Burden of Truth
11. Live as One