Recensione: Burn After Reaping
La Nuclear Blast punta molto forte su questi cinque ragazzini tedeschi, dell’età media di 17 anni, di cui non aveva esitato a pubblicare anche il disco di debutto Death Prevails risalente solo ad un anno fa.
Gli Hackneyed, dunque, godono di un privilegio che solo pochissimi giovani musicisti della loro età possono ottenere: vedere realizzato il sogno di essere “scritturati” da una grossa etichetta del settore e poter registrare e pubblicare un disco con il proprio monicker stampato in bella vista sulla copertina. E’ proprio quello che è successo a questa band e, anzi, c’è da dire che la Nuke crede a tal punto in questo progetto artistico che ora pubblica anche il loro secondo album, dall’ironico titolo Burn after Reaping accompagnando questo evento con squilli di tromba e vestendo con la livrea migliore la propria macchina promozionale.
I piccoli teutonici si erano fatti se non altro notare, in occasione dell’uscita del loro primo lavoro, per la veemenza e l’abilità con gli strumenti, anche se, l’impressione finale che rimaneva comune a tutti gli ascoltatori era che fossero ancora troppo acerbi e scontati in fase compositiva. Del resto si trattava, considerata l’eccezionalità delle circostanze, anagrafiche e non, di un promettente inizio, che lasciava comunque presagire buone cose col maturare dei tempi.
Purtroppo, secondo il mio modesto parere, un anno scarso tra un disco e l’altro, non si può considerare un lasso di tempo sufficiente per evolvere, anche se questo tempo è stato trascorso a suonare su palchi di prestigio, fianco a fianco con nomi grossi e non del panorama metal. Il risultato dunque è semplicemente un secondo scatto cercando di mettere un po’ più a fuoco l’immagine ma usando la stessa macchina fotografica di prima.
Ad onor del vero c’è da dire comunque che Burn after Reaping non è affatto un brutto disco. Il death metal degli Hackneyed pesca abilmente, e a piene mani, nella tradizione americana ma fa sentire anche forte l’influenza della Swedish old school con il risultato di partorire un adrenalinico killer mix di tiratissime scariche di blast beat e riffoni spaccadenti, condite da dissonanze e sonorità più moderne e ardite che strizzano l’occhio alle nuove generazioni di deathster.
L’album non concede soste ma le “stazioni” più interessanti sulle quali soffermarsi sono certamente: Deatholution, song che vede nel riff portante, dalle tinte progressive, uno degli episodi più interessanti di tutto il lavoro e forse anche, si spera, un barlume di quella che potrà essere l’evoluzione futura del gruppo; le tiratissime Redying e My finger on the trigger che rappresentano sicuramente appieno la natura distruttiva degli Hackneyed attuali e, per ultima, la particolarissima Last man on earth, brano dalle atmosfere angoscianti e paranoiche che si distingue dagli altri e fa riflettere per un attimo, prima della chiusura strumentale del disco.
La cosa che più ho apprezzato del carattere scanzonato del quintetto è la loro passione per citazioni e giochi di parole che vi potete divertire a scovare tra le 12 tracce che compongono il lavoro (titolo compreso): un aspetto, quello del non prendersi troppo sul serio, che è storicamente proprio del death metal come del brutal, e che, forse troppo facilmente, si sta perdendo con gli anni, a favore di una seriosità che poi si scopre essere solo di facciata.
Di certo un ulteriore passo in avanti, seppur troppo affrettato per conto mio, nella rapidissima carriera di queste adolescenti promesse. Dategli un ascolto e giudicate voi se il loro futuro saprà essere roseo come il loro presente!
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
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Tracklist:
1. Burn 1:05
2. Weed Flavoured Meat 4:18
3. Deatholution 3:44
4. Kingdom Of Thoughts 3:59
5. March Of The Worms 4:09
6. Bloodshed 4:42
7. Redying 4:09
8. Finger On The Trigger 4:39
9. Home Meat Home 3:52
10.Putrid 4:41
11.Last Man On Earth 4:51
12.After Reaping 2:10
Total playing time 46:16